Monti, il bilancio dell'alieno d'Italia

Sarà anche il genero preferito dai tedeschi, come lui stesso ha scherzato. «Perché parlo poco, vesto in modo serio e banale e non sono molto rumoroso». Ai tedeschi, ha detto il presidente del Consiglio Mario Monti, questo basta, «il più è fatto».
Agli italiani però Monti rischia di ricordare una suocera che non ti lascia troppe libertà sulla sua creatura e spesso viene in casa tua a decidere anche per te. Ma anche se arrivasse questa investitura, il professore della Bocconi non sarebbe preoccupato. Semplicemente  sorriderebbe e andrebbe avanti. Come un carrarmato, un Panzer, tedesco ovviamente.
Genero, suocera, panzer che sia, il Monti alla sua prima conferenza stampa di fine anno, ai giornalisti presenti come ai telespettatori a casa, dev'essere apparso soprattutto come un alieno. Calato da Napolitano a Palazzo Chigi. Ha dissertato per due ore e quaranta, il che per uno che parla poco è un paradosso. Il tono è sempre uguale, un po' meccanico, gesticola e spiega come un professore universitario che deve insegnare e comunicare. Secondo alcuni, non ha fornito notizie precise sulle misure attese, dalle liberalizzazioni alla riforma del lavoro, del fisco, del catasto. Invece bisogna imparare dallo stile di Monti, l'alieno per l'Italia.
In altri Paesi è così che si comunica, si tranquillizza il Paese, si tenta di rassicurarlo e convincerlo che le tasse aggiunte al monte già ai massimi europei, erano dovute: dalla crisi del debito e, come ha aggiunto non senza un pizzico di perfidia, perché erano stati assunti precisi impegni con l'Europa, «ma non da noi, ma dal governo precedente».
Del resto, con la sua compostezza, ha detto chiaro e tondo che eravamo a un passo da baratro, possibili prede per gli avvoltoi finanziari. Ma il tono non deve ingannare: rispetto al classico mondo parolaio della politica italiana, in un mese e mezzo ha fatto una manovra lacrime e sangue al cui interno vi è il ritorno dell'Ici - appesantita dalla revisione degli estimi -, una quisquilia come la riforma delle pensioni e dell'anzianità in particolare - tabù da decenni -, prelievi in varie forme e stangate neppure tanto nascoste.
Saranno tutti professori, con abiti banali, grigi e silenziosi, ma i Monti boys non perdono tempo. Ora i tempi saranno veloci, ha detto lo stesso premier, «non ci è dato di lavorare con calma». Così fra una ventina di giorni, tempi impossibili per la politica tricolore che oltretutto in genere sta ferma fino a metà gennaio, Monti e i suoi ministri sono pronti a presentare al Paese e a Bruxelles una riforma delle liberalizzazioni da far impallidire le famose "lenzuolate" di Bersani, una sulla casa con la rivoluzione epocale del catasto e un'altra ancora sul lavoro che potrebbe varare il contratto unico, cambiare alla radice gli ammortizzatori sociali e forse arrivare a svuotare un po' il famoso articolo 18. Il tutto, ha sempre assicurato, parlando con i sindacati. Magari, come è accaduto, la domenica sera con il varo delle misure previsto per il lunedì mattina. L'obbiettivo è arrivare a presentare il primo pacchetto il 23 gennaio all'Eurogruppo, ovvero a due mesi dall'insediamento.
Per un esecutivo di docenti un po' imbarazzati e non sempre a loro agio sui banchi del governo, non è male. Ma del resto, a guidarli, c'è un alieno, un po' tedesco, un po' genero e un po' suocera.

Umberto Montin

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