Sarebbero potute succedere anche da noi. E forse potranno succedere. A Bari un pensionato di 74 anni ha deciso di fermare il 2012 e la sua vita al primo giorno. Si è gettato dal balcone di casa dopo aver ricevuto una lettera dell'Inps. Gli dicevano che avrebbe dovuto restituire gran parte dei soldi della pensione percepiti negli ultimi anni. In tutto cinquemila euro versati per un errore di calcolo. All'anziano era concessa la facoltà di restituire l'importo con rate di 50 euro al mese. Ma per chi, come questo uomo, incassa un assegno mensile di 700 euro e deve far fronte agli aumenti che riguarderanno un po' tutti noi da ieri, anche cinque biglietti da dieci euro possono rappresentare una somma quasi impossibile da mettere insieme. E in ogni caso va considerato l'impatto psicologico di una richiesta così improvvisa e imprevista.
Poche ore prima, la notte di Capodanno, un imprenditore di Catania aveva deciso che non avrebbe mai visto l'alba del 2012. Anche lui ha rinunciato a vivere. Aveva 47 anni ed era stato costretto a licenziare i dipendenti della sua concessionaria di moto.
Pur avendo problemi di depressione, aggravati dalle difficoltà economiche, l'uomo è ricordato dall'esponente siciliano di un'associazione dei consumatori come un «imprenditore conosciuto per successo e capacità».
Il governo Monti e i politici che lo sostengono in maniera più o meno convinta dovrebbero interrogarsi di fronte a questi due casi. Le riforme delle pensioni servono e aiuteranno (si spera) i conti dello Stato. Ma dietro alle pensioni ci sono spesso persone deboli, fragili e indifese. Un riforma del welfare, oltre a tagliare gli sprechi e ridurre i livelli di assistenza, è chiamata a tutelarle.
Un politica economica, poi, non può fermarsi agli aumenti della benzina, dell'Iva, alle reintroduzione delle tasse sulla casa. Deve creare anche e soprattutto le condizioni per una ripartenza. Ed evitare così che altri imprenditori capaci e di successo, si trovino costretti a scelte che finiscono per devastare anche loro, oltre ai lavoratori che le subiscono.
Un discorso che si può allargare anche a quegli istituti di credito che stanno togliendo ossigeno alle imprese magari dopo essersi riempiti i forzieri con gli aiuti della Bce di Draghi.
Togliersi la vita non è mai una risposta giusta. Perché non esiste alcuna vita che non meriti di essere vissuta fino in fondo.
Ma questi due tragici esempi (che si spera restino unici) dovrebbero servire anche a orientare la fase due del governo Monti. Una fase due che il pensionato e l'imprenditore (categorie simboliche della crisi) non vedranno mai. Dovrebbero servire a varare una riforma del lavoro che favorisca le imprese e cancelli la precarietà. A riflettere su un sistema pensionistico che oltre a diventare più sano e robusto dovrebbe essere più equo. A una valutazione sull'impatto che le misure decise potranno avere su famiglie che rischiano di non arrivare più non alla terza, ma alla seconda settimana. E a creare le condizioni per evitare altre tragedie.
Francesco Angelini
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