Se è vero, com'è vero, che il Parlamento deve allontanare da sé il sospetto popolare e fondato d'essere un consesso che gode d'una paga esagerata, perché non dare l'esempio di voler davvero e subito cambiare anziché persistere in un equivoco indugio?
L'occasione si presta ad essere un esempio da offrire agl'italiani. È un'occasione straordinaria. Probabilmente unica. E dunque l'ultima possibile, prima che gl'italiani colgano l'occasione successiva per spedire a casa un'intera classe politica. Lo è a causa di diverse ragioni.
1) La ragione etica. Nel momento in cui, per non mandare in malora la nazione, s'impone un pesante sacrificio ai cittadini (e soprattutto a quanti di loro già faticano a tirare la fine del mese, falcidiati da tasse e balzelli d'ogni tipo), com'è accettabile che i loro rappresentanti non avvertano l'esigenza di spartirlo subito e generosamente?
2) La ragione realistica. A quale valutazione concreta appartiene il mantenimento del differenziale di guadagno mensile tra eletti ed elettori, con i secondi in grave difetto nel confronto con i loro omologhi dei Paesi più progrediti del Continente e i primi in greve eccesso rispetto ai colleghi delle altre assise parlamentari? Se per risanare le finanze pubbliche viene ritenuta indispensabile una modifica dei comportamenti privati, che cosa meglio d'un diverso modello di riferimento pubblico potrebbe convincere i privati a osservare l'obbligo?
3) La ragione pratica. Aspettando che la politica costi di meno e il lavoro sia pagato di più, la politica dovrebbe chiacchierare (promettere, divagare, imbonire) di meno e lavorare di più. Cioè essere produttiva come invece e purtroppo non è. La politica non costituisce il peggio della vita e d'una comunità. La politica costituisce il meglio. Purché la s'intenda per quanto in origine significa: il servizio di pochi a favore di tutti. Pochi, volonterosi, disinteressati al punto da considerare il loro impegno una missione.
4) La ragione ideale. Ecco di che cosa abbiamo speciale urgenza: del ritorno a una politica capace di ideare, progettare, sognare. Una politica che manifesti l'orgoglio verso se stessa. Che si senta investita della responsabilità del destino della Repubblica e non sia scelta come una professione da chi non sa inventarsene un'altra, ma intesa come un dovere al quale nessuno che vi sia chiamato ha il diritto di sottrarvisi. Questa politica saprebbe guadagnarsi una così grande fiducia tra gli amministrati, da non indurli al piccolo pensiero sui guadagni degli amministratori. Piccolo, naturalmente, si fa per dire.
Max Lodi
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