Ci piace citarne un brano, anche lungo e a costo di passare per saccheggiatori del lavoro altrui, un brano che oggi torna utile in un Paese che sta perdendo passione per la politica e in un'Europa che dà per scontati troppi traguardi: «Purtroppo - scriveva Borsa - gli uomini hanno più paura della vita che della morte. La morte, se ci si pensa, incombe su di noi a ogni passo, ma noi non ce ne curiamo. È la vita nelle sue manifestazioni umane che ci fa paura: è il pensiero, è la parola, è lo scritto
Talora, in certe circostanze, gli uomini hanno paura perfino del loro stesso pensiero, della loro stessa parola. Questo è il guaio: guaio abbastanza comune nel nostro Paese dove, anche per disgraziate vicende storiche, è venuto troppo spesso a mancare il coraggio politico, il coraggio delle idee e delle opinioni, quel coraggio che bisogna avere costantemente nella vita pubblica, che deve essere vita strenua e combattiva».
«La libertà, anche con le sue intemperanze, è sempre una scuola: l'uso corregge l'abuso. Solone aveva introdotto una legge - l'atimia - per cui erano puniti coloro che non si interessavano di politica: ma fino a ieri entrando nei luoghi pubblici si vedevano cartellini con la scritta: "qui non si fanno discussioni politiche". Silenzio, dunque: tutto in ordine e tutto bene, tutto bello e tutto grande».
Ieri La Provincia ha chiuso il suo "Totosindaco", concorso semi serio pensato per consentire agli elettori dei grandi centri del nostro territorio - Como, Erba e Cantù - di identificare un candidato ideale per il ruolo di sindaco. È stato un successo. In tutto abbiamo raccolto qualcosa come 90mila voti, traguardo su cui nessuno, alla vigilia, avrebbe scommesso un centesimo.
L'esito è un bel segnale, lo è per l'entusiasmo e la partecipazione. L'uno e l'altra, espresse attraverso il voto, sono del resto un'arma irrinunciabile, l'antidoto unico alla crisi che da qualche mese mette a dura prova i nostri nervi, i nostri portafogli, le nostre speranze. L'Europa vive un momento strano, anche se ovviamente quelli di Borsa erano altri tempi. In Ungheria, Paese di bellezza struggente nel cuore di una Europa antichissima, circa mille giornalisti, nel corso del 2011, sono stati messi alla porta per avere espresso opinioni di dissenso nei confronti del premier.
Da noi, gli ultimi anni di vita politica sono stati difficili. C'è chi è arrivato a sostenere che una parte preponderante degli elettori avrebbe costretto il resto del Paese a subire le conseguenze della propria immaturità, privilegiando, nell'urna, i peggiori, peggiori per ignoranza, corruzione, incapacità, menefreghismo. Qualcuno è arrivato anche a ipotizzare, neppure troppo provocatoriamente (questa volta, per completare questo pezzo tutto citazioni, si tratta di Massimo Gramellini, su La Stampa di qualche settimana fa), che per realizzare una democrazia compiuta occorre avere il coraggio di rimettere in discussione il diritto di voto.
Noi nel nostro piccolo, ci rileggiamo Mario Borsa. E ci teniamo stretti i risultati del Totosindaco. Che sarà anche un gioco, ma che ci dimostra che per fortuna siamo ancora vivi.
Stefano Ferrari
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