Una sorta di solidarietà al contrario, con i dipendenti che diventano finanziatori dell'azienda in cui lavorano rinunciando, per un periodo stabilito, a diritti acquisiti. Parliamo di persone che da un anno possono contare su uno stipendio già alleggerito dall'applicazione dei contratti di solidarietà e che non hanno la certezza assoluta che la rinuncia garantirà in toto il risultato. Loro, comunque, sembrano decisi ad accettare la sfida. La discussione tra sindacati e Rsu sui dettagli dell'operazione è in corso. Entro il 15 gennaio la proposta all'azienda dovrà essere formalizzata secondo l'impegno assunto davanti al prefetto e messo nero su bianco sull'accordo firmato lo scorso 2 dicembre.
Comunque sia, dai dipendenti della Sisme viene un messaggio chiaro: l'importanza che viene attribuita oggi al salvataggio di ogni singolo posto di lavoro, la consapevolezza della difficoltà a recuperare occupazione una volta persa. Anche chi non mastica di economia ha capito che recessione significa non avere quegli spazi di crescita del mercato che garantiscono un incremento occupazionale. Il vecchio slogan "lavorare meno, lavorare tutti" non basta più. In casi eccezionali, come quello della grande fabbrica metalmeccanica di Olgiate, si sperimentano vie nuove. Persino la compartecipazione dei lavoratori nella gestione dei problemi (è stata costituita una commissione congiunta che sta lavorando sull'aumento della produttività e l'eliminazione delle diseconomie) e un loro contributo economico se serve a dare ossigeno al bilancio.
Soluzioni che impongono alla proprietà una grande assunzione di responsabilità per mantenere fino n fondo i patti e al sindacato di aggiornare vecchi schemi, superare le barriere ideologiche, fatti salvi naturalmente i principi.
Il momento, del resto, è eccezionale. Dal 2008 ad oggi il tributo alla crisi nel Comasco è stato pesantissimo, secondo numeri presentati l'altro giorno al Tavolo della competitività: settemila posti di lavoro persi, solo un migliaio recuperati in altri settori.
In parole povere ci sono seimila persone ancora da ricollocare a cui si aggiungono le centinaia di giovani che ogni anno si affacciano quasi senza speranza al mondo del lavoro. Per molti, ma non per tutti, ci sono gli ammortizzatori sociali, ma vivere con un sussidio di ottocento euro al mese (quando va bene) significa rinunciare a tutto, in primis alla dignità di guadagnarsi l'assegno che si incassa a fine mese.
I 543 uomini e donne della Sisme, con le scelte che stanno per fare, tentano di ribellarsi a questa logica: puntano sulla loro azienda scommettendo di riuscire a ribaltarne le sorti. Ne conoscono il valore e le potenzialità, non sono degli sciocchi. Una piccola rivoluzione, prima di tutto culturale, culturale che merita di essere guardata con interesse e rispetto.
Elvira Conca
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