Mentre è ormai in pieno svolgimento la caccia al candidato, più o meno prestigioso, incomincia a porsi per questi "volenterosi" anche il problema dei programmi sui quali si devono articolare le diverse proposte. E si affaccia, in più d'un caso, un rischio sul quale conviene riflettere: quello del minimalismo degli intenti e delle proposte. Forse per reazione ai grandi disegni che l'amministrazione Bruni ha lasciato nel cassetto, quando è andata bene, o ha cercato di realizzare senza riuscirvi e abbandonandoli a metà, quando è andata male, fra alcuni degli aspiranti sindaci e dei loro sostenitori serpeggia la convinzione che, per segnare un fondamentale passo avanti rispetto al passato, basterebbe poco più che turare qualche buco nell'asfalto delle strade e provvedere alle basilari incombenze di un'amministrazione normalmente oculata. Una posizione di questo tipo - non priva di un suo possibile appeal in campagna elettorale - si spiega probabilmente, da una parte, con la delusione provocata dagli esiti della fallimentare esperienza amministrativa che sta per concludersi e, dall'altra, con la difficoltà di affrontare i grandi temi che campeggiano nel futuro della città. Si tratta tuttavia di un tentativo pericoloso di sfuggire il confronto con la realtà.
Certo, se si trattasse di una sorta di raffronto competitivo con la situazione attuale, il discorso dei buchi nelle strade non farebbe una piega, ma il problema non è che il prossimo sindaco dovrà mostrare di essere meglio di Bruni, il prossimo sindaco dovrà mettersi coraggiosamente di fronte ai problemi della città, dare soluzione a quelli risolvibili subito e quantomeno impostarla per quelli che richiedono necessariamente più di un mandato amministrativo. Naturalmente, tenendo conto delle risorse disponibili, che saranno prevedibilmente più limitate di quelle attuali, ma che non potranno comunque costituire un alibi per trincerarsi dietro un'ordinaria amministrazione che rinunci a priori alla sfida del governare. In altre parole, ci saranno meno soldi da spendere, ma questa non sarà necessariamente una spinta alla paralisi, anzi potrà essere lo stimolo a un modo diverso, più sobrio e più efficiente, di gestire la città. Con meno fuochi d'artificio e più prospettive condivise per il futuro di Como.
Per rendersene conto, basta riandare a temi come il piano parcheggi, la metropolitana leggera e il trasporto pubblico, la valorizzazione dell'area dell'ex ospedale psichiatrico, naturalmente il destino dell'ex Ticosa e del lungolago, il ruolo dell'università, ma anche il ritorno a un'urbanistica pensata, la gestione ottimale della città murata, il rapporto con le aziende dei servizi municipalizzati, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani in parallelo con l'esigenza di una maggiore pulizia del centro cittadino. La lista è largamente incompleta, ma basta a dimostrare che chi intende fare il sindaco di questa città deve necessariamente offrire qualcosa in più della (apprezzabile) volontà di turare le buche delle strade.
Antonio Marino
© RIPRODUZIONE RISERVATA