Nel 1979 annunciarono la nascita dell'Unolpa (Unione Nord Ovest per l'Autonomia), l'embrione della Lega. Ieri sera, sempre loro due, hanno sancito - oltre alla fraterna amicizia - la "rifondazione leghista". Sì, rifondazione. Bossi e Maroni ricominciano come trentatré anni fa, dalla Lega autonoma, indipendente dai partiti romani, da Berlusconi. E' la presenza - non annunciata ma sperata - del Fondatore a sigillare la svolta politica dettata domenica in tv davanti a oltre cinque milione di telespettatori da Bobo Maroni. Lega solitaria, cioè all'opposizione a Roma Padrona e dunque liberata dall'alleanza con il Pdl dopo quasi dodici anni. Lega che non fa rima né con Cosentino né con Tanzania ma solo con Padania. La sintesi giornalistica l'ha definita la "Lega degli onesti", Bobo Maroni l'ha semplicemente chiamata "la Lega dei militanti che mi ha commosso" nel giorno della fatwa. Il veto durato lo spazio di una notte, quello che gli vietava la partecipazione a iniziative pubbliche.
Ieri la base lo ha spinto sul palco. Serata storica per la Lega, perché per la prima volta Bobo Maroni ha rotto gli indugi, ha parlato chiaro, senza mai citare il suo rivale per nome e cognome. E' stato ironico, come sa fare quando non ne può più: «Caro Umberto, io invidioso di un deputato di Busto, ma come si fa?». E l'Apollonio è venuto giù, come ai tempi della vecchia Ignis. Il Capo non lo ha interrotto. Traduzione dal politichese: via libera alla richiesta del suo numero due: il cambio del capogruppo alla Camera, Marco Reguzzoni.
Questa la condizione posta dall'ex ministro dell'Interno per "rifondare" il movimento, sempre unito nel nome del suo fondatore. E la presenza di Roberto Calderoli ha cancellato l'ultimo dubbio sugli equilibri interni.
Già lunedì, in via Bellerio, presente anche il governatore del Piemonte Roberto Cota, era stato sancito il "cambio" a Montecitorio. Dunque fine del Cerchio Magico, Bossi libero come la Padania.
Per chi ha visto nascere il movimento padano, anche se da lontano, questo mercoledì 18 gennaio 2012 significa la seconda pagina della storia leghista.
Folla e cori da stadio a parte, concentriamoci sul dato politico, sul "cambio" che non deve essere interpretato come una staffetta Bossi-Maroni, bensì come una manifestazione che ha tolto il tappo a un movimento da troppo tempo compresso, bloccato. Sarebbe ingeneroso e anche miope adossare al senatùr la "paralisi" del suo partito. La malattia ha lasciato il segno ma ciò non gli ha mai impedito di spendersi fino in fondo per l'obiettivo della sua vita, anche quella umana: il federalismo. La sua prima retromarcia, il ritiro del veto all'amico Bobo, ne è l'ulteriore conferma della "sua" presenza.
Ora la "rifondazione leghista" deve seguire la "linea" di Varese già dalle prossime amministrative, cominciando da Monza. Da una Brianza scossa in questi giorni da una serie di arresti tra gli amministratori del Pdl. Da oggi né Bossi né Maroni possono tornare indietro.
Alessandro Casarin
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