Ecco la ragione per cui suscita qualche perplessità la scelta, maturata nella direzione medica dell'ospedale Sant'Anna, di rinunciare all'attuale sistema di accesso da parte dei visitatori; un sistema, ricordiamolo, che apre le porte ai parenti dei ricoverati per molte ore al giorno. Intendiamoci, l'intento di tornare all'antico, ovvero a un orario di visita più limitato, non è un capriccio. Risponde, crediamo, al desiderio degli operatori del Sant'Anna di restituire ai corridoi e alle stanze dell'ospedale un poco di calma e di decoro, cancellando i "bivacchi" dei parenti, le corse dei bambini annoiati, le infinite conversazioni al cellulare tra zie e suocere, cognati e secondi cugini: «Ciao Lella, siamo qui dalla nonna. Ho detto: siamo qui dalla nonna! Adesso te la passo. Nonna, ti passo la Lella!» Un incubo per la nonna, per il paziente nel letto vicino alla nonna e, va riconosciuto, anche per la povera Lella.
Ma se tutto ciò accade non è tanto perché l'idea dell'orario aperto sia sbagliata in sé: manca piuttosto qualcosa, se non tutto, nell'organizzazione, nella vigilanza contro gli abusi, nell'educazione della gente. Rinunciarvi significa comandare la ritirata di fronte alla difficoltà di convincere gli utenti che visitare un paziente senza orario fisso significa partecipare a un esperimento di civiltà e non equivale a occupare un posto in spiaggia o a trovare un parcheggio davanti alla discoteca. Si dirà che la battaglia è persa e il popolo bue. Meglio allora chiudere le porte, tanto più che il diritto minimo alle visite è garantito; non solo, è anche assicurata la presenza costante di "numero uno" parente stretto.
Lasciatecelo dire: peccato. Con l'estensione dell'orario si era prospettata, forse per la prima volta, una concezione diversa dell'ospedale: come di un luogo dove, nell'assicurare la cura di un paziente, non lo si tagliasse fuori dal suo ambiente, garantendogli invece quel supporto psicologico, quel calore umano e familiare che tanto aiuto può dare a chi lotta per guarire. Visto che le strutture sanitarie, diventate "aziende", sempre più pensano al bilancio operando riduzioni di personale, il parente diventava anche una sorta di aiuto-infermiere, assistendo il malato nelle esigenze più semplici, lasciando al professionista quelle delicate. Si rinuncia a tutto ciò sconfitti dalla maleducazione, dall'abuso e dall'inclinazione alla petulanza di tanti, troppi italiani. Nell'interesse di chi sta male, sarebbero invece proprio questi i nemici da combattere fino in fondo.
Mario Schiani
© RIPRODUZIONE RISERVATA