È stato il suo dirigente del settore Economato e Patrimonio, Marco Testa, con una nota firmata di mercoledì scorso, a vietare l'accesso agli atti dopo una precisa richiesta de "La Provincia", dicendo che «non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo». È stato ancora lei, sabato, a dire che non rendeva pubblico il registro, appellandosi alla privacy.
Citiamo testualmente: «Se, per esempio, vado da Bossi, ci vado per motivi politici. Vi sembra giusto pubblicare un registro su quel che fa il presidente? Il dato sui chilometri lo abbiamo diffuso, mi sembra sufficiente».
No, non è sufficiente. E non tanto per i 34mila chilometri in undici mesi, anche se in auto blu. Ma perché stiamo parlando di un ente pubblico, che paga l'auto blu, la benzina e gli straordinari degli autisti (13mila euro in dieci mesi) con soldi dei cittadini. E come tutti i cittadini, che lo preveda o no un regolamento, siamo sorpresi di fronte all'indisponibilità a rendere noto il diario di bordo. E rimaniamo addirittura senza parole - dopo il blitz di ieri della Finanza e l'apertura di un fascicolo in Procura - nell'apprendere che tra i documenti acquisiti questo registro non c'era, per il semplice motivo che non esiste. E se non esiste si impone ancora di più una sua risposta puntuale e dettagliata, presidente Carioni. Lei, sul giornale di domenica, ha invitato a fare un calcolo per giustificare i 34 mila chilometri percorsi in meno di un anno: «Tutte le mattine, Sebastiano, che è il mio autista, viene a prendermi a Turate, e sono 26 chilometri. All'ora di pranzo mi riporta a casa e fanno 52. Poi alle 3 mi riporta in Provincia e la sera mi riporta a casa, e fanno 104. Per meno di 200 giorni siamo già a 24mila». Poi ha negato di aver utilizzato l'auto blu per andare alle riunioni di Expo e Sviluppo Sistema Fiere. «Per Pedemontana a Milano - ha aggiunto - invece sì. Se è per quello l'ho usata anche per andare a Mantova, a Lodi o a Sondrio quando c'erano le riunioni dell'Unione province lombarde». Nell'elenco che ha fornito, però, ci sono anche viaggi a Torino («da Cota», ha dichiarato lei), a Roma («una volta in auto, una in treno»), in Canton Ticino («per studiare come governano»). E ha concluso: «Ecco, il conto è presto fatto. Ma il registro resta segreto. Io ho la coscienza pulita».
Nessuno vuole accanirsi contro di lei, né accusare nessuno. Sarà il magistrato a stabilire se l'assenza del diario di bordo con chilometraggi, orari e destinazioni sia normale oppure no; se i viaggi da Cota o da Bossi possono essere assimilati all'incarico istituzionale o se hanno invece un'altra valenza; se l'utilizzo dell'auto blu - in quelle occasioni - sia stato regolare oppure no. Sarà sempre il magistrato, eventualmente, a confrontare quanto ha dichiarato o dichiarerà con le testimonianze dei suoi autisti. "La Provincia", nel chiedere questi dati, ha semplicemente esercitato il diritto di cronaca, facendo riferimento alla trasparenza dell'accesso agli atti amministrativi. Non ha preteso privilegi, ma semplicemente di informare l'opinione pubblica su dati che in qualunque altro Paese civile (si pensi al "freedom of information act" in vigore negli Usa) sarebbero stati automaticamente pubblicati online o, comunque, forniti senza alcuna difficoltà. Non a un giornale, ma a qualsiasi semplice cittadino che, non dimentichiamolo, è anche contribuente ed elettore. Perché la trasparenza degli atti pubblici, oltre che doverosa, dovrebbe essere la cosa più naturale del mondo. E non c'è appello alla privacy che tenga.
Emilio Frigerio
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