Il ministro Passera sceglie la cerimonia di consegna dei premi Leonardo al Quirinale per annunziare il prossimo varo d'un maxiprovvedimento di semplificazione legislativa. Non roba astratta, roba concreta: disboscherà infatti una foresta di norme vecchie, qualcuna antica, tutte d'ingombro a un vivere quotidiano oppresso dal burocratismo di Stato. Quello dove siamo costretti spesso e malvolentieri a infrascarci, e di frequente e purtroppo a perderci.
Passera sta lì, in omaggio a premi intitolati a così eccelso nome, ed è come se dichiarasse: non ci voleva un genio per prendere questa decisione. Non ci voleva Leonardo. Non ci voleva nessuna benedizione accademica. E però onestamente (francamente, apertamente, qualunquemente) lo dobbiamo pur dire: restiamo sorpresi, basiti, frastornati da un simile annuncio.
Un ministro che dice: abbiamo stabilito di fare ciò che chiunque avrebbe fatto. E lo dice en passant, quasi con un tocco di banalità, a fari spenti. Confessiamolo: clamoroso, agli occhi di noi ingenui, rimasti al falò metafisico di Calderoli, alle teatrali fiamme di cartacce che rappresentavano leggi di cui era imminente l'incenerimento non simbolico ma vero. E che invece sarebbero sopravvissute al Nerone padano, riluttante perfino a bruciarne per davvero una sola, la legge da lui firmata e da lui detta porcata. La legge che ci vieta d'esprimere le preferenze elettorali e che ha favorito (imposto) un Parlamento di nominati dai partiti.
Passera racconta d'un Paese che proverà ad essere normale, e ci pare esibisca la carta d'identità d'un marziano (a proposito: il rinnovo della carta d'identità coinciderà col giorno del nostro compleanno). Ci pare, perché fino ad oggi eravamo così terra a terra da farci sembrare extraterrestre ciò che non era. Ciò che non è.
Quando ci capitava la sventura di doverci orientare nella selva di disposizioni, regole, comandi per ottenere un qualsiasi documento, provavamo il turbamento occorso a Socrate al mercato di Atene: ecco tutte le cose di cui non ho bisogno, e che mi s'induce a credere d'essere necessarie. E riandavamo ai giorni della fanciullezza, che in fondo ci avevano già avvertito del pericolo grazie alla pensosità di Topolino nelle vesti d'investigatore: "E' tutto così complicato, che la soluzione dev'essere molto semplice".
Effettivamente essa è molto semplice. Non è invece semplice capire perché siano trascorsi decenni, legislature, governi di centrodestra e di centrosinistra durante i quali la soluzione ha rappresentato il problema: rinviata la prima, rimosso il secondo. Eppure avrebbe dovuto accadere il contrario: né rinvio dell'una, né rimozione dell'altro. In ragione d'una scelta, prima che politica, logica. Automatica. Tecnica. Come succede per il motore della macchina che s'ingolfa: si sa con quali strumenti disingolfarlo. Ora abbiamo trovato gli strumenti, ma non è che prima ci mancassero: ci mancava la voglia di tirarli giù dallo scaffale e d'adoperarli. Senza dover studiare Leonardo, senza dover citare Socrate, senza dover aspettare Passera e Monti: bastava aver letto Topolino. Possibile che così tanti presidenti del Consiglio e così tanti ministri non lo abbiano mai letto?
Max Lodi
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