Il leader è l'imprenditore Claudio Conti, che tra l'altro è varesino, papà del portiere del Como. Non si può dire che non abbia speso energie per questo risultato: ha parlato con tutte le cordate comparse sulla scena. Importante già dall'inizio: la rottura con Di Bari, in giugno, provocò imbarazzi. Sarà lui, molto probabilmente, a guidare le strategie calcistiche in senso stretto.
Gli altri (cioè Pietro Porro settore trasporti, Flavio Foti costruzioni e Guido Gieri ristorazione) probabilmente sarebbero orientati più sui progetti collaterali. Il settore giovanile, ad esempio, o il progetto legato allo stadio. Foti è l'uomo che ha realizzato il centro sportivo di Bizzarone che ospita il Como in alcuni allenamenti, Porro è figlio Clemente ex dirigente azzurro ai tempi della A. Il pallone è dunque entrato nelle loro vite, ma certo non si può dire sia una società abituata al calcio professionistico. Avrebbero bisogno di una guida. Che potrebbe, però, non essere Antonio Tesoro. Altra sorpresa. Il quale, anche l'altra sera, davanti ai tifosi mostrava un certo scetticismo alla possibilità di essere confermato.
Evidentemente anche a lui saranno arrivate le voci che sono giunte sino a noi. Il nuovo gruppo lascerebbe Rivetti con il ruolo di presidente formale, ma senza alcun compito operativo. Un presidente di facciata, insomma. E la sostanza potrebbe essere molto diversa dalle ultime strategie. Il nodo, in fondo, sarà proprio Tesoro: se resterà, possiamo immaginarci la conferma di Manari (con l'esigenza di un allenatore con patentino da affiancargli), la conferma del blocco dei suoi giocatori, la rinuncia a Zullo e Lewandowski, e un progetto cucito su misura per Ripa per averlo in forma dopo la sosta. Ma se si cambierà, allora sarà facile vedere un mercato diverso, con le conferma di Lewandowski, magari la partenza di Ripa, fino a ipotizzare addirittura (sorpresa) la richiamata di Ramella in panchina.
Resta da capire se sarebbe confermato Papa come direttore generale. E su quali budget potrebbe contare la società, anche se non c'è da immaginare una politica aggressiva. Una politica oculata, per una società sana e senza terremoti. Di Bari incontrerebbe presto i nuovi proprietari, per discutere delle sue quote. Potrebbe uscire del tutto o restare come consulente di calcio. Perché è ovvio che ci vuole qualcuno del settore.
Poi si passerebbe alla verifica di quel detto popolare secondo cui le società di calcio perfette sono composte di soci dispari inferiori di due. Como ne sarebbe l'esempio, con le guerre e i litigi interni da Preziosi in poi che hanno segnato in pratica tutte le stagioni. Nessuna gufata: il progetto in questo caso è nato in maniera differente. Un consiglio ai nuovi? Ci permettiamo di darlo: considerino la prima squadra come il centro motore di tutto, anche degli altri progetti. Fare il contrario può essere pericoloso. Infine, una domanda: perché abbiamo usato il condizionale? Perché manca un piccolo particolare: la firma davanti al notaio...
Nicola Nenci
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