Gettare il cuore oltre l'ostacolo per la Fornero (che in realtà è allergica a quel "la" maschilista prima del suo cognome) è un difetto che di questi tempi non è concesso, un vezzo da scafati politici abituati a promettere e non mantenere mai, un lascito dei tempi appena vissuti e già così lontani in cui l'ottimismo, appunto, era una missione. Il richiamo al realismo di Elsa è sì tipicamente femminile, ma viaggia in perfetta sintonia con la tabella di marcia di questo governo e ben si inserisce nello stile Monti, basato su concretezza e rigore. Uno stile non a caso definito "lacrime e sangue". E che non potrebbe avere che il bel volto segnato dal tempo del ministro Fornero. Chi meglio di lei riesce a piangere e a usare il pugno di ferro nel contempo?
Piace molto al premier-professore questa donna dai toni pacati ma severi e dalla capacità di commuoversi se parla delle pensioni dei più poveri e di irritarsi quando davanti ha una platea di privilegiati.
Piace la sua semplicità e il suo andare avanti verso l'obiettivo prefissato, senza timori ma allergica alle stucchevoli furbizie di molte ex ministre, così anacronistiche da cadere nella trappola - questa sì maschilista - di chi vuole le donne valere solo per la loro avvenenza, o per come si atteggiano o si vestono. Quanto ai piagnistei, Elsa Fornero è in realtà lontana anni luce dall'immagine che ha dato di sè in quella conferenza stampa che l'ha resa famosa. Semplicemente perché le sue non erano lacrime calcolate o di maniera, ma soltanto spontanee e dunque vere. Se sdoganamento era necessario, anche la commozione ha trovato un significato profondo. Nè femminile (e tanto meno femminista), nè maschile, a ben guardare.
Ci si chiede però se questa donna che inizierà tra qualche giorno la difficile trattativa sulla riforma del lavoro riuscirà a vincere la partita più ardua all'interno del suo governo. Se Monti ha piena fiducia in lei - e non a caso lo ha rimarcato nel giorno della stoccata a Passera - piccoli ma non impercettibili segnali di insofferenza sembrano levarsi proprio tra i colleghi ministri. Tutti la difendono, in verità non sono pochi a pensare ogni volta che si imbattono nella sua faccia in copertina: ma chi si crede di essere questa maestrina?
Elsa Fornero, che certo non fa nulla per accattivarsi facili consensi, forse l'ha capito di non godere di grande simpatia. Ma chi pensa di fermarla si annoti la sua risposta. «Alcuni mi chiamano maestrina o professorina, io sono professore all'Università di Torino, prima ancora che ministro». Una lezione di dignità e di pari opportunità che solo gli stolti troverebbero spocchiosa.
Silvia Golfari
© RIPRODUZIONE RISERVATA