E non ci può essere un progetto di vita per quel 30% di under 30 che non ha un'occupazione. E tantomeno per quei ragazzi che le statistiche definiscono i Neet (not in employment, education o training), che non studiano, non lavorano e non hanno speranze. Non sono pochi: secondo una recente indagine in Lombardia sono il 15,7%.
Per aiutare questi ragazzi a costruire un progetto di vita, bisogna rimettere in moto la macchina dell'economia. Offrire loro delle opportunità. Non è facile, ma è doveroso provarci per non ghigliottinare una generazione e condannare al declino l'intero Paese. Il premier Monti ha affermato che l'articolo 18 tiene lontano dall'Italia gli investimenti esteri. Può darsi, ma di sicuro ci sono anche altri ritardi e inefficienze del sistema-Italia che scoraggiano le imprese straniere a venire a produrre qui. Ci sono intere regioni del paese in mano alla malavita organizzata. C'è un'imposizione fiscale che ha pochi eguali in Europa. C'è una giustizia civile che ha un arretrato di 5,5 milioni di cause, che potrebbero essere smaltite in sette anni e tre mesi. E c'è una burocrazia che tutto soffoca e tutto ritarda. Una ricerca di Confartigianato documenta che una micro impresa deve distaccare un dipendente dal primo gennaio al 26 marzo di ogni anno per far fronte alla mole di certificazioni, autorizzazioni, code davanti agli sportelli. Quasi tre mesi di lavoro sottratti alla produzione. Un'impresa tedesca o una multinazionale americana può aver voglia di scalare una simile montagna di carta?
Alle aziende italiane la burocrazia costa ogni anno 23 miliardi di euro, più o meno un punto e mezzo di Pil (prodotto interno lordo). E il trend è in peggioramento. Sempre secondo la ricerca di Confartigianato tra il 2009 e il 2011 la pressione burocratica in Italia è cresciuta del 51%, malgrado la tecnologia informatica e i lanciafiamme di ministri della Semplificazione che poco hanno semplificato. Da inizio legislatura sono arrivate sulle scrivanie delle aziende 189 norme che hanno aumentato la pressione burocratica di una settimana. Per cosa? Per avere risposte in tempi mai certi e quasi sempre legate all'arbitrio di qualche burocrate o politico. Perché alla fin fine avere un cittadino o un'impresa che si perde dentro il labirinto della burocrazia fa comodo a chi controlla la macchina degli uffici: gli alti funzionari e i politici. E così ai costi diretti della burocrazia si aggiungono spesso quelli indiretti: la pratica si è fermata su quella scrivania? Il modo per farla avanzare si trova sempre, anche perché leggi e regolamenti sono scritti così da poter essere interpretati, più che applicati.
Nel labirinto di carta si perde la competitività delle nostre aziende, brave ed efficienti fin che si vuole, ma se poi fuori dai cancelli aziendali il sistema Paese non funziona, si perde ogni vantaggio competitivo sui mercati.
Come scriveva il sociologo e studioso del capitalismo Max Weber, la burocrazia «è tra le strutture sociali più difficili da distruggere», come dire che il percorso per rendere più competitivo il sistema-Italia è lungo e accidentato. Ma bisogna cominciare. Fare il primo passo. Lo dobbiamo ai nostri figli.
Gianluca Morassi
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