Può sembrare strano che oggi sia il mondo più patinato del pop rispetto a quello fuorilegge del rock a spingere verso questo baratro. Un tempo erano personaggi estremi, anche nelle scelte musicali, ribelli come Brian Jones (il fondatore dei Rolling Stones), Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison, a vivere intensamente, a interpretare un ruolo scomodo, a morire prematuramente.
Tra la scomparsa del leader dei Doors e quella di Whitney Houston c'è un solo punto in comune: li hanno trovati entrambi nella vasca da bagno. Ma lui era il "Re lucertola", una dio del sesso, una minaccia per la comunità che venne pure arrestata per aver tentato di offrire - orrore - i propri genitali al pubblico di un concerto. Giusto all'inizio della carriera di cantante e poeta sconvolse perfino i suoi compagni di gruppo cantando una scena edipica: «Padre, voglio ucciderti, madre voglio...» e la casa discografica non gli permise di completare la frase nell'incisione di "The end". Estremo era anche il suicida Kurt Cobain, estremo nei suoni, nelle parole, nelle grida con cui faceva sembrare inni ribelli brani come "Smell like teen spirit" (dove, per inciso, invece canta "Un mulatto, un albino, una zanzara").
Ribelle senza causa, che si ispirava a James Dean, era Elvis Presley, morto impietosamente nella sua stanza da bagno.
Ma cosa c'entra Whitney Houston? Cosa c'entra quella bellissima cover girl dalla voce d'angelo che incantava milioni di persone nel mondo con ballate come "All at once" o "Greatest love of all"? Eppure anche lei non è stata immune alla malattia più comune tra le star, soccombendo al più scontato dei proverbi: i soldi (la fama, il successo) non regalano la felicità.
Una psicologia fragile, la sua, succube di un marito manesco che l'ha condotta alla droga e alla disperazione. Se è vero che "uno su mille ce la fa", Tina Turner ce l'ha fatta, Whitney no. Non ce l'ha fatta Amy Winehouse, una pena da guardare per i suoi stessi fan: una voce potentissima, un carisma assoluto, ma neppure capace di reggersi in piedi. Michael Jackson non ha mai vissuto una vita normale, sotto i riflettori da quando andava ancora alle elementari.
Come Mozart, morto in stato di indigenza dopo avere guadagnato e speso pozzi di denaro, anche il golden boy di "Thriller" era un bambino prodigio, vessato da un padre-padrone che ha rovinato la vita non a uno, ma a nove figli. Whitney, Amy, Michael, personaggi invidiati, emulati e amati che, a loro volta, ricercavano un amore, un amore che colmasse quei vuoti d'animo che i milioni e i premi non possono certo riempire.
Alessio Brunialti
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