L'Italia non alza la bandiera con i cinque cerchi, ma solo uno straccio bianco: non abbiamo i soldi, non abbastanza almeno e, in ogni caso, il governo non se la sente di mettere la sua firma sotto l'impegno di 4,7 miliardi - anzi ora sarebbero stati 4,3 - quando ci aspettano anni di vacche magre e cinghia sempre più stretta.
Mario Monti, già abituato a dover prestare il suo viso alle decisioni meno popolari, non ha avuto dubbi. Alemanno, Pescante, Petrucci e il mondo dello sport non ci stanno, la rabbia prepara le polemiche dei prossimi giorni. Politiche, soprattutto. Berlusconi, da par suo, ha detto che è amareggiato e ha annunciato che lui, quella firma, l'avrebbe messa. Alla faccia delle rampogne dell'Unione Europea. Il suo alleato Umberto Bossi, non si è smentito e si è detto contento perché - a suo dire - a Roma fanno solo «confusione», anche se si è espresso con termini meno eleganti.
Che Monti sia un freddo manager non lo si sa da oggi. E i suoi conti, su Roma 2020, rischiavano di non tornare nonostante il piano "perfetto" per i Giochi romani. Troppi dubbi, l'Italia della corruzione, delle mafie e dell'inefficienza e degli sprechi era lì in agguato. La Città dello sport di Calatrava, costruita e non finita per i Mondiali di nuoto del 2009, con i suoi palazzetti abitati solo dall'acqua piovana, è una ferita aperta e recente per non sollevare dubbi. Troppe volte, ha detto Monti, in passato si sono viste scelte onerose gravare sui bilanci pubblici. Troppe volte quelle spese si sono moltiplicate, troppe volte sono sfuggite a ogni controllo. Anche a queste scelte paga lo scotto il maxi debito da oltre 1.900 miliardi.
A facilitare il "no" di Monti anche il fantasma greco, con i suoi Giochi prima del disastro, compartecipi della voragine di questi mesi. E anche gli esempi di Paesi più virtuosi non erano incoraggianti: a Londra stanno rifacendo i conteggi e la spesa finale potrebbe essere dieci volte superiore a quella prevista, all'inizio.
Tuttavia il presidente del Consiglio non può evitare di guardare l'altra faccia dell'iniziativa soffocata nella culla: un'Italia che rinuncia a presentarsi al via lancia un segnale poco incoraggiante, agli italiani ma anche al resto del mondo. Un segnale, certo, di un Paese conscio delle difficoltà e attento a far quadrare i bilanci come un buon padre di famiglia, ma anche quello di una nazione che non ha voglia di sognare, non oggi, ma neppure domani. Un Paese che si arrende subito, senza prendere parte alla gara.
Sarebbe stata una scommessa, l'olimpiade romana, un azzardo certo, ma forse anche una sfida a prepararsi, a darsi un obbiettivo certo e ambizioso verso il quale correre. Uno stimolo, poteva essere, ma sul quale il premier non ha voluto rischiare. «Voglio far cambiare il modo di vivere degli italiani», ha detto Monti qualche giorno fa. Oggi, evidentemente, gli italiani non sono ancora pronti per allestire Giochi senza mazzette, con gli impianti costruiti in tempi celeri e certi, la mutazione è ancora lontana, il traguardo è molto avanti. Per l'Italia protagonista nel mondo si prega di ripassare.
Monti ha scelto di parteciparei a un'altra Olimpiade, quella dei conti a posto, dell'onestà e della pulizia. E vincerla.
Umberto Montin
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