Una marcatura della diversità, ma anche (specialmente) dell'insieme che tiene unite le infinite e sorprendenti diversità. E un monito a non ritenersi più uguali degli altri, nonostante la differenza delle prospettive. Perché, appunto, il cielo è il medesimo, e rappresenta (simbolicamente ed effettivamente) il tetto sotto al quale abita ciascuno di noi, e non importano la collocazione geografica, i retaggi culturali, l'identikit razziale e altro che si voglia infilare nella gerla dell'umanità.
Questo cielo di comune spartizione ha riaffermato ieri la sua esistenza accompagnando le dimissioni del presidente germanico Wulff, certo non ignaro del giudizio (e del pronostico) del connazionale Adenauer, e però forse non consapevole del tocco d'umorismo paesaggistico proposto dal luogo in cui il gesto grave si è compiuto: il castello di Bellevue, da cui si gode una fascinosa vista sul fiume Spree, e sul quale s'è di colpo posata l'imbarazzante vista del resto del mondo. Particolarmente del mondo costretto a subire, ginocchioni, gli sguardi (le occhiatacce) della rampognosa cancelliera di Berlino, severa, intransigente, aliena da ogni indulgenza. Poco incline a credere nella parità di comportamenti virtuosi di popoli estranei alla "weltanschauung" delle sue parti: una visione del mondo che si ritiene esclusiva, e non passibile d'annebbiamenti. E che invece episodi lontani e vicini suggerirebbero di non ritenere tale: basterebbe ricordare i guai di Kohl, omologo della Merkel, per compiere un saggio esercizio di prudenza.
Dunque tutto il mondo è paese? Ha buone probabilità d'esserlo, perché non sempre veniamo a conoscenza di tutto quanto vorremmo. E quando succede che veniamo a conoscere qualcosa, il convincimento che esiste un'endemica zona grigia tra il bianco e il nero, si rafforza. Nel grigio noi, nel grigio i tedeschi, nel grigio altri e innumerevoli. E' il grigio di cui si tinge di frequente la politica, diciamo il suo colore privilegiato. Privilegiato come i favori che grazie alla politica si ottengono, e che hanno indotto la Merkel a liquidare Wulff come un cameriere: non era più nella condizione di servire il popolo.
Però una diversità esiste e resiste. E non è una diversità da poco. Anzi, è una diversità strutturale ai tedeschi e incomprensibile agl'italiani. E' la diversità che, quando emergono i casi Wulff o casi simili al caso Wulff, obbliga per sottaciuto e condiviso comandamento le loro figure istituzionali a dimettersi, ed esenta le nostre da analogo e benemerito gesto. Le nostre rimangono dove sono, come le colonne corinzie del castello di Bellevue: d'una insensibilità solenne e maestosa a qualsivoglia bufera. Reale e non reale che sia. L'idea che davanti alla legge chi è investito delle cariche massime e riverite del Paese possa essere per davvero uguale a chiunque altro, ci è distante come lo è la memoria degli ozi del re di Prussia, che passava le vacanze dove Wulff ha passato la mano. Non ne sappiamo nulla, e se qualcuno lo sa, fa finta di non saperlo.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA