Tutte le persone in campo sono degnissime - detto senza alcuna ironia - così come tutti i partiti o le associazioni che rappresentano. Ma il punto è un altro. E cioè che a questo giornale non importa. Non importa nulla. Ma nulla davvero. E non per antipolitica, populismo, sindrome da torre d'avorio o altre sciocchezze del genere, ma solo perché a noi - grazie alla libertà assoluta garantitaci dall'editore - interessa solo e soltanto di Como, e proprio per questo abbiamo già pronta la lista della spesa dei problemi non risolti e molto più spesso creati dalla giunta uscente, forse la più impopolare e più rovinosa dal dopoguerra a oggi: Muro, Ticosa, decoro urbano, traffico, trasporti, parcheggi, turismo, politiche di sostegno alle imprese e alle attività commerciali. A questo e solo a questo ci si atterrà per valutare, prima, i programmi di tutte le liste e, poi, l'operato del nuovo sindaco e della nuova giunta. Altra linea editoriale non c'è, se non quella di lasciare fuori dalla nostra sede ogni tentativo surrettizio o maldestro di pressione sulla scelta e la valutazione delle notizie relative alla campagna elettorale e quella, per noi davvero prioritaria, di far sì che i migliori rappresentanti della società civile si spendano per tirar fuori Como da uno dei periodi più bui della sua storia e far rinascere nei suoi cittadini l'orgoglio di vivere in un posto davvero speciale.
E se questo è il nostro obiettivo, allora la rosa dei candidati sindaco è deludente. Non c'è alcuna valutazione personale né politica, come ovvio, e c'è il massimo rispetto per le scelte autonome di ognuno. Resta però l'amarezza di dover registrare, per l'ennesima volta, che nonostante l'eccezionalità del momento i partiti - volàno fondamentale di raccolta e interpretazione del consenso - non abbiano saputo trovare un grande nome, un profilo indiscutibile, altissimo di imprenditore, professionista o intellettuale che potesse dimostrare che la politica è capace di esaltare le risorse più vere e stimate di una città.
Al contempo, la stessa società civile, nonostante le critiche impietose rivolte agli ultimi anni di amministrazione, ha preferito restare fuori, lasciar perdere e riconsegnare così una delega totale agli apparati. Impossibilità di poter scegliere in piena autonomia la squadra di governo? Comprensibile preoccupazione per le sorti della propria azienda, studio o attività professionale? Coscienza dell'impossibilità di scardinare il potere immanente e dispotico dei funzionari che tutto bloccano e tutto decidono all'interno dei Comuni? Chi lo sa. Sta di fatto che anche stavolta la scelta è compiuta e che Como, quella migliore, ha preferito non partecipare alla costruzione di un progetto amministrativo per rinnovare e in un certo senso riabilitare la politica in città, non certo per ghettizzarla o commissariarla.
Ora la speranza è che il nuovo sindaco - quale che sia - smentisca queste impressioni negative e tiri fuori dal suo zaino un bastone da maresciallo che in pochi al momento potrebbero immaginare. Speriamo davvero che sia così. Lo stato di crisi profondissima dei due partiti principali, entrambi spaccati in fazioni contrarie e opposte, e l'autoisolamento della Lega per tentare di scindere anche qui, come a Roma, le sue responsabilità da un esecutivo inadeguato al quale ha partecipato a pieno titolo per un quindicennio, fa comunque capire che il prossimo sindaco avrà i nemici più pericolosi all'interno della maggioranza. Come al solito. Anche in questo Como rischia di diventare metafora perfetta dell'Italia di oggi e di sempre. Quella peggiore.
Diego Minonzio
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