Sono queste le due facce della medaglia di una situazione che si sta confermando ormai da alcuni anni. Gli studenti e le loro famiglie volgono lo sguardo laddove, almeno ipoteticamente, c'è più certezza di un futuro lavorativo. Il mercato del lavoro, ormai da tempo, mette l'accento su una straordinaria difficoltà a reperire particolari figure professionali. Non si trovano idraulici, falegnami, ma nemmeno camerieri e infermieri. Si fatica a trovare giovani che abbiano investito sulla costruzione di una capacità lavorativa immediata, mentre sono sempre di più quelli che, a fronte di un curricula di studi alto, non trovano spazio e prolungano all'infinito il loro stato di precarietà.
Il mondo della scuola e il mondo del lavoro, nel nostro Paese non hanno mai dialogato a sufficienza. E' come se negli anni fossero andati avanti per strade diverse. Si sono costruiti percorsi formativi senza tener conto che il mondo dell'impresa stava cambiando. Senza tener conto, ad esempio, che mentre comparti industriali che hanno fatto la storia segnavano il passo, il mondo dell'artigianato, seppur con fatica, teneva il passo. E che sempre di più necessitavano figure professionali che per anni sono state rifiutate o non sufficientemente considerate. E così oggi trovare un giovane che voglia costruirsi un futuro in falegnameria è diventata un'impresa.
C'è un altro dato che non crea sufficiente allarme ed è quello che riguarda la dispersione scolastica. Oggi il venti per cento degli studenti italiani non riesce a rispettare l'obbligo scolastico. E' una percentuale nazionale; ovviamente nella provincia comasca il dato sarà più basso. Ma neppure noi siamo esenti da questo allarmante fenomeno che trasforma centinaia di ragazzi in "fantasmi". Per loro decidere un futuro dopo la terza media o perseverare nella scelta dopo il primo anno di scuola superiore, diventa drammatico. Preferiscono abbandonare, imboccando la strada di un futuro dai contorni preoccupanti. E per tanti di loro, l'uscita dalla scuola, è la conseguenza di una scelta sbagliata che li ha portati a confrontarsi con un percorso di studio in cui non riescono ad identificarsi.
Di fronte a tutto questo occorre una mobilitazione generale perché si renda la scuola un luogo che attrae, educa e coinvolga. Ma anche perché i ragazzi e le loro famiglie siano sempre più aiutati a scegliere non in funzione di un "pezzo di carta" costi quel che costi, ma di un futuro che ha dignità anche nella riscoperta di lavori culturalmente meno allettanti, ma certamente più solidi per la costruzione del proprio futuro.
Massimo Romanò
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