Ma, il punto importante non è questo. La scienza, da sempre, nella ricerca della verità, procede per "tentativi ed errori". Il poeta Rabindranath Tagore diceva: «Se chiudiamo la porta di fronte all'errore, come farà la verità ad entrare?». Ciò che è importante è riconoscere l'errore, in modo che diventi un elemento utile per ulteriori progressi. Questa è la linea che hanno seguito i ricercatori del Cern. Qualcuno osserverà che, forse, si sarebbe potuto aspettare ad annunciare il risultato. Ma qui si apre un altro problema. La società nella quale viviamo impone le sue regole. La ricerca ha bisogno di fondi la cui disponibilità dipende dalla classe politica la quale, a sua volta, è influenzata dalla pubblica opinione. Quanto, come e con quali obiettivi finanziare la ricerca? A volte si prova un po' di tristezza, in occasione di alcuni convegni, nell'ascoltare frasi fatte su quali ricerche debbano essere incentivate senza che chi parla sia veramente a conoscenza dei motivi per cui sostiene la sua scelta. Ma questo è un tema che richiederebbe un pensiero a parte.
Il punto che qui vorrei sottolineare è che nessuna teoria fisica è definitiva. È mia convinzione che persino la meccanica quantistica, i cui risultati hanno avuto sino ad ora una impressionante mole di conferme sperimentali e sui quali si basa gran parte del prodotto industriale mondiale, prima o poi lascerà il passo ad una teoria più completa. Tuttavia, la meccanica quantistica, così come la teoria della relatività, per la loro connessione con gli altri rami della fisica e per le loro innumerevoli verifiche teoriche e sperimentali, hanno una portata tale da richiedere fatti assolutamente verificati prima di essere abbandonate.
Gli stessi responsabili dell'esperimento del Cern avevano correttamente dichiarato che «dobbiamo essere sicuri che non esistono altre, semplici spiegazioni» e che «il potenziale impatto sulla scienza è troppo grande per trarre conclusioni immediate».
Ma c'è un altro elemento che vorrei segnalare e nel quale credo. Una teoria si regge certo per le sue verifiche sperimentali, ma si impone anche per la sua armonia e per la sua bellezza. È stato detto che l'oggetto primario di una teoria scientifica è esprimere l'armonia che si trova nella Natura della quale, secondo il matematico e filosofo Henry Poincarè, «lo scienziato deve studiare la bellezza intima che viene dall'ordine armonioso delle sue parti e che una intelligenza pura può carpire». Hermann Weyl, grande matematico dello scorso secolo, sostiene che «la teoria generale della relatività è un esempio supremo del potere speculativo del pensiero ed è probabilmente la più bella di tutte le teorie fisiche esistenti». Lo stesso Einstein ebbe a dire: «Una persona che comprende a fondo questa teoria difficilmente può sfuggire alla sua magia». Ancora Weyl confidò a un collega: «Nel mio lavoro ho sempre cercato di unire la presunta verità alla bellezza; ma se devo scegliere tra l'una e l'altra, di solito scelgo la bellezza».
Sarebbe bello che queste considerazioni fossero tenute presente quando si insegna la fisica o la matematica e in generale tutte le scienze, non solo nelle università ma nelle scuole di ogni grado. Isaac Rabi, premio nobel per la fisica, affermava: «La scienza è una avventura dell'intera razza umana per imparare a vivere e, forse, ad amare l'Universo in cui essa vive... Io propongo che la scienza sia insegnata, a qualunque livello, dal più basso al più alto, in modo umanistico. Dovrebbe essere insegnata con una certa comprensione storica, con una certa comprensione filosofica, con una certa comprensione sociale ed umana, nel senso della biografia e della natura delle persone che l'hanno costruita, i loro trionfi, i tentativi, le sofferenze...».
Giulio Casati
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