No, nessuna illusione: è tutto inchiostro sprecato. Eppure sarebbe bello coccolare, anche solo per i pochi minuti che richiedono la lettura di questo editoriale, l'idea di saperti con il giornale aperto, gli occhi vagamente impallati come capita quando non si afferrano i concetti. Se solo fosse possibile anche solo immaginare una scena simile, sarebbe facile lasciarsi prendere dal desiderio di scaricarti addosso gli improperi più fantasiosi, perché non esiste azione più bassa e vile di quella commessa contro un indifeso. Ma anche dar libero sfogo a una meritata cascata di epiteti non varrebbe l'inchiostro consumato per stamparli. E allora non resta che parlarti degli indifesi che tu, caro truffatore, hai terrorizzato e tentato di derubare (il fatto, accaduto a Ronago, è dettagliatamente raccontato a pagina 38 da Maria Castelli). Indifesi ma non per difetto, bensì per troppe virtù.
Gli anziani sono la nostra storia. Sono la memoria di un tempo che non avremmo mai conosciuto senza i loro racconti. Sono i nonni a cui affidiamo i sorrisi dei nostri figli. Sono tracce indelebili di un sentiero che ha condotto la storia fino a noi. Che, su quel sentiero, siamo chiamati a continuare a camminare.
Gli anziani, caro truffatore, sono scrigni preziosi, ma non per via di quei soldi a cui tu vilmente miravi, bensì perché racchiudono in loro una sensibilità che noi conquisteremo soltanto con l'insegnamento degli anni. Il tempo e l'esperienza addolciscono l'istinto, rendono profondi i pensieri, sincere le parole. È per questo motivo che è così facile, talvolta, riuscire a truffarli.
Chi se la prende con un anziano, maltratta le radici dello stesso albero di cui è figlio lui stesso. È come rinnegare le proprie origini. Tu, caro truffatore, quando a un anziano racconti che suo figlio ha avuto un incidente, e così facendo lo terrorizzi solo per riuscire a scippargli una manciata di migliaia di euro, calpesti l'essenza stessa della vita.
Non capisci quello che hai letto, vero? Non crucciarti, era inevitabile. Non hai gli strumenti per comprendere. Se solo servisse si potrebbe fare ricorso alla musica, citando la strofa di una canzone di Lucio Dalla, che sembra ritagliata apposta per quelli come te, caro truffatore: «Se capissero di essere morti da sempre anche se possono respirare»
Ma, come detto, tutto questo è inchiostro sprecato. E allora, forse, questa lettera aperta sarebbe più utile indirizzarla alle tue vittime. A quegli anziani che, dopo il tuo passaggio, si sentono traditi dalla vita stessa. Violati. Addirittura umiliati. Sarebbe bello poter spiegare loro che la vera umiliazione, caro truffatore, è la nostra. Quella di tutti noi che, per fretta, disattenzione, assenza, non siamo stati in grado di difenderli dagli sciacalli come te.
Paolo Moretti
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