Cosa vogliono i sindacati dei professionisti? Chiedono la difesa di meccanismi che spesso penalizzano i professionisti stessi (a partire dall'obbligo di iscrizione all'ordine) e soprattutto chiudono il mercato. Ad esempio, ci si oppone all'abolizione delle tariffe minime, come se nella nostra società un professionista e il suo cliente non potessero pattuire in piena autonomia quel compenso che entrambi reputano vantaggioso. Il sistema dei minimi, per giunta, è particolarmente odioso perché penalizza i consumatori e toglie ai giovani professionisti la possibilità di competere offrendo tariffe low cost.
Più in generale, non si dovrebbero mettere ostacoli a quanti vogliono lavorare. Eppure un laureato in agraria che intenda mettersi sul mercato non può farlo se non ha sostenuto un esame di Stato e se non è disposto a finanziare un ordine. La cosa è curiosa, perché ovviamente esistono attività ben più delicate (si pensi all'imprenditore alla testa di una grande impresa) a cui si può accedere senza il vaglio di apparati corporativi. E allora se si può guidare la Fiat non essendo iscritti a un ordine, perché un consulente in agronomia deve esserlo?
Dal punto di vista storico, l'Italia fatica a liberarsi dall'eredità del fascismo. Il sistema incarnato dall'ordine dei giornalisti, in particolare, è una diretta derivazione del regime dittatoriale e l'intera logica delle corporazioni, come Sergio Romano spesso ricorda, è fascista. L'albo professionale dei giornalisti è stato creato, su precisa iniziativa di Mussolini, nel 1925 e con l'obiettivo di "ingabbiare" la professione. A Ventennio ormai archiviato, però, quella struttura è parsa egualmente opportuna ai reggitori dei sistemi politici successivi.
Tutto questo sbarra la strada ai giovani. Stupisce come in Italia ci sia così poca attenzione per il destino delle nuove generazioni. Se prendiamo in esame la disoccupazione in generale, in Italia è al 9,2% (contro il 10,7% dell'Europa), ma colpisce constatare che quella giovanile è al 31,1%, contro il 22% europeo.
Cosa dicono i dati? Evidenziano come il nostro sia un sistema che tutela solo quanti sono già dentro e penalizza chi è fuori. È la società del farmacista ogni 3.300 abitanti e della parafarmacia a cui è impedito di vendere taluni prodotti; del tassista ufficiale con licenza e del cosiddetto "noleggio con conducente" che in vario modo è marginalizzato; e si potrebbe continuare.
È questo insieme di privilegi, a partire dai posti "di ruolo" del settore pubblico, che ci ha portato sull'orlo del baratro. Ma sono ancora in molti a non averlo capito o a non volerlo capire.
Carlo Lottieri
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