Da allora l'evasione fiscale più che una colpa è stata quasi un merito. E senza scomodare l'ex premier che è arrivato, in qualche occasione a giustificarla come reazione all'eccessiva pressione delle tasse (e ieri sera un concetto simile è stato espresso da Calderoli), fino a non molto tempo fa chi sfuggiva a Finanza e Agenzia delle Entrate quanto meno era visto con un misto di invidia e di mal celato rispetto per la furbizia dimostrata.
Fino a ieri. Oggi, con il ciclone Monti, siamo a una svolta epocale, almeno nel costume collettivo. Così fa notizia quanto accaduto nel Comasco dove un imprenditore, accusato di evasione fiscale, è stato arrestato ed è finito ai domiciliari. La novità però è anche in un altro aspetto, non di secondo piano: dell'uomo sono state diffuse le generalità, una "rivoluzione" per la comunicazione istituzionale e per quella delle forze dell'ordine in particolare.
Tira un'aria diversa, a tutti i livelli e non per nulla nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio nonché titolare del Tesoro, ha dato direttive precise all'intera task force che deve scovare chi non paga le tasse in Italia.
Impresa titanica, se si stima che il tesoretto nascosto potrebbe essere di circa 150 miliardi l'anno. Secondo la valutazione più prudente, lo Stato potrebbe portarne a casa almeno 20 di miliardi di imposte evase, almeno il doppio di quanto recuperato nel 2010. Eppure pare la volta buona. Su tutta la linea, compresa quella della trasparenza.
Qualche settimana fa, nei giorni dei blitz a Cortina, la Guardia di finanza del Veneto avvertiva che mai come in questi mesi erano cresciute le segnalazioni al 117 su persone o attività che sfuggivano al fisco. Un comportamento inedito fino a un anno fa, quando le "delazioni" si potevano contare sulle dita di una mano.
Quest'ultimo e altri segnali tradiscono il cambiamento di percezione dell'opinione pubblica. I reati fiscali e l'evasione cominciano ad essere percepiti non come esercizi di italica furbizia, ribellione allo Stato oppressore, ma per quello che sono: veri e propri reati, da sanzionare.
Con il carcere, quando è previsto e con la pubblicità, ovvero con la diffusione del nome e cognome di chi è accusato. Nessuna gogna mediatica, naturalmente, solo un normale esercizio di trasparenza dell'azione repressiva come si fa in tutto il mondo. E come accade in Italia, quando a finire nei guai è magari un extracomunitario, il disoccupato o il pensionato che rubano un paio di buste di prosciutto al supermercato.
Però anche lo Stato, deve fare la sua parte. Non fare la parte del gabelliere che perseguita, ma dell'esattore che controlla e verifica tutti, affinché ciascuno paghi il dovuto e in proporzione ai suoi redditi.
La "rivoluzione" di Monti dev'essere quindi completa: evasori trattati alla stregua di ogni altro accusato e lo Stato che non sia indulgente con sé stesso, con i suoi errori, con i suoi sprechi e che non protegga i suoi servitori che abusano di potere e posizione. Inflessibile e giusto. E veloce nel giudizio.
Umberto Montin
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