L'imperativo della crescita, pertanto, non può prescindere dal ruolo strategico della spesa pubblica che la Banca centrale è chiamata a finanziare per evitare di aggravare la disoccupazione di massa che sta affliggendo le economie occidentali.
Si tratta di una teoria che rappresenta una chiara sfida al dogma europero del bilancio in pareggio che rischia di provocare la più drammatica "stagflazione" (recessione e inflazione insieme) della storia. Uno degli assunti della teoria di Galbraith consiste nel ritenere che l'inflazione possa costituire un pericolo solo nel caso di piena occupazione. Trattandosi di un'ipotesi del tutto teorica in questa complicata congiuntura, secondo Galbraith non avrebbe senso l'inerzia e l'atteggiamento rinunciatario dei governi europei che dovrebbero, invece, prodigarsi nel sostenere la domanda aiutando le famiglie e le imprese mediante un'oculata politica fiscale. Negli Usa, pertanto, il dibattito sulle possibili soluzioni alla crisi risulta alquanto vivace. Mentre in Europa perfino la sinistra appare rassegnata alla prospettiva di un capitalismo dominato dalle tecnocrazie e dalla proterva leadership tedesca, oltreoceano la polemica è esplosa anche all'interno della stessa scuola keynesiana. Due grandi economisti, Joseph Stiglitz e Paul Krugman, ritengono dissennata la ricetta della Mmt in quanto, nel lungo periodo, il debito finanziato con l'emissione di moneta, finisce inevitabilmente per creare inflazione. Anche da questa disputa tra keynesiani si evince che negli Usa la crisi ha rilanciato l'idea che il mercato vada necessariamente temperato con un incisivo intervento dello Stato a sostegno della produzione e della spesa sociale. Naturalmente la presidenza di Barack Obama ha costituito un grande propellente in tal senso. Non a caso, gli Stati Uniti stanno realizzando un progressivo alleggerimento della propria presenza militare nel mondo.
Questo graduale disimpegno è finalizzato ad una politica di sostegno dell'economia da parte dello Stato che rappresenta l'esatto contrario di quanto sta avvenendo in Europa in cui sembra prevalere la mistica del rigore finanziario malgrado il crescente malcontento dei cittadini. Usa ed Europa, pertanto, rappresentano due soluzioni del tutto antitetiche alla crisi planetaria che ha investito il capitalismo. Sul piano storico tutto ciò appare, invero, paradossale. L'Europa ha rappresentato per decenni un modello economico che si reggeva sulla centralità dello Stato. L'influenza delle socialdemocrazie aveva permeato le economie di tutti i paesi del Vecchio Continente che avevano attribuito all'apparato statale un ruolo-chiave nella soluzione del conflitto sociale e distributivo. Oggi non è più così. La crisi dello Stato sociale pone all'Europa pesanti interrogativi. Solo il tempo potrà dire se questa politica fondata sul rigore riuscirà a renderci più felici.
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