Anche dalle nostre parti è andata così per un bel pezzo. Teste rasate in piazza, fucilazioni sommarie, poi è arrivata la Costituzione, e se Dio vuole la legge.
Sono stati non pochi i lettori che in questi giorni hanno voluto dire la loro, anche attraverso internet, sul caso dello scippatore seriale acciuffato dalla polizia dopo avere messo a segno cinque colpi in centro nei confronti di altrettante signore. Nessun arresto, come sappiamo, soltanto una denuncia a piede libero. A molti è sembrato non congruo il provvedimento adottato da polizia e Procura, che - vox populi - bene avrebbe fatto ad arrestarlo e a chiuderlo in carcere, anziché limitarsi a una denuncia a piede libero. La questione è piuttosto complicata, e riguarda da vicino, prima ancora che il diritto penale, uno degli assunti cardine della nostra Costituzione, il cui articolo 13 dice che «la libertà personale è inviolabile».
Quindi? Come sempre in questi casi due piani si sovrappongono, senza mai incontrarsi: quello della legge e, appunto, quello "pancia".
Per la legge soltanto alcuni reati consentono l'arresto fuori dalla flagranza. E lo scippo non è tra questi. La polizia avrebbe potuto al limite procedere, dopo avere identificato il sospettato, con un cosiddetto fermo di iniziativa, un fermo provvisorio che l'autorità giudiziaria avrebbe poi dovuto convalidare o, diversamente, revocare. Per farlo era tuttavia necessario che fosse comprovato e motivato un reale pericolo di fuga, che evidentemente, in questo caso, non sussisteva. Un'altra strada? A volerlo proprio vedere in galera, il pubblico ministero di turno avrebbe potuto anche, su segnalazione della polizia, chiedere all'ufficio gip (l'ufficio dei giudici che "sovrintendono" all'attività dei pm) l'emissione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere. Anche in questo caso, tuttavia, l'evenienza si scontrava, e si scontra, con le necessità dell'indagine, e con il ripetersi di scippi che stavano prendendo una piega preoccupante. Quel ragazzo, identificato, andava fermato, e una ordinanza di custodia avrebbe richiesto, per essere emessa, altri giorni di attesa, con conseguenze imprevedibili. Per non dire della necessità di motivarla.
Già, perché anche qui è la legge a spiegare che per spedire qualcuno in cella fuori dalla flagranza occorre motivarne le ragioni, che possono essere soltanto tre: il pericolo di fuga, il rischio di inquinamento delle prove, il rischio di reiterazione del reato.
In altre parole: la Costituzione, la legge, ci tutelano dalla "pancia" e dal cappio appeso alla quercia del paese. Il che non significa che la "pancia" abbia sempre torto. Qualche volta può anzi avere ragione da vendere. Non è detto, per esempio, che non ne abbia avuta proprio in questo caso. Una firma in calce a due verbali per cinque scippi è forse davvero un po' poco.
Stefano Ferrari
© RIPRODUZIONE RISERVATA