Anche perché sarebbe ora di piantarla con la tiritera sulla società civile migliore della politica e quindi da questa umiliata e offesa: la politica è quasi sempre lo specchio della società civile e alla società civile fa molto comodo vestire i panni della madonnina infilzata facendo finta di non sapere che dove c'è un corrotto c'è anche sempre un corruttore e se uno prende è perché c'è un altro che dà.
Detto questo, Riccardi ha ragione. E quindi l'unica cosa seria che si possa fare, per chi ne abbia i mezzi, è costringere la politica a restare nel suo alveo, a non farsi trascinare dal richiamo della foresta, obbligandola a mettere in piazza tutto quello che ha in mente e, soprattutto, dare trasparenza assoluta sulla quantità e la provenienza dei mezzi economici che la sostengono. Una settimana fa, ad esempio, abbiamo chiesto ai due candidati alle primarie del Pdl, Laura Bordoli e Sergio Gaddi, quanto avessero speso per la loro campagna elettorale, da dove arrivassero quei soldi e, soprattutto, se fossero in grado di mostrarci le fatture del regolare pagamento delle varie iniziative pubblicitarie. Entrambi ci hanno risposto di aver investito circa 10mila euro utilizzando fondi personali e che ci avrebbero fornito al più presto la documentazione fiscale. Che dovrebbe arrivare nel giro di un paio di giorni. Non ne dubitiamo e restiamo, quindi, in fiduciosa attesa.
È un buon metodo. Da replicare con tutti i candidati alle elezioni comunali del 6 maggio (Erba e Cantù compresi, quindi): quanti soldi hanno stanziato per la campagna elettorale, da dove arrivano e se, una volta spesi, sono stati tutti regolarmente fatturati. Ma questo non basta. Dei pretendenti alla poltrona di sindaco di Como vogliamo sapere tutto: i redditi dichiarati, le proprietà mobiliari e immobiliari, gli eventuali incarichi o consulenze in enti o aziende e tutto quello che serve per eliminare il sospetto di incompatibilità, di conflitto d'interessi e, soprattutto, per far sì che gli elettori sappiano con chi hanno a che fare, almeno da un punto di vista professionale ed economico. Ci sembra un'elementare norma di trasparenza che un giornale indipendente ha il dovere di garantire ai propri lettori e a tutti i cittadini, già provati da cinque rovinosi anni di giunta che dei pasticci, della commistione di interessi pubblici e privati e di scandali e scandaletti di varia natura ha colmato la propria innominabile agenda e infarcito il suo non invidiabile palmares.
Come sempre, non mancherà qualche scienziato a tacciare di demagogia o antipolitica la richiesta ufficiale che facciamo ai candidati e ai partiti che li appoggiano. Ma questo non conta. L'unica cosa che conta è la credibilità. Nei giorni scorsi il consiglio di amministrazione de La Provincia è stato colpito, in uno dei suoi membri, da un atto giudiziario gravissimo e dai contenuti infamanti, vergognosi, intollerabili. In attesa che la giustizia faccia il suo corso e ricordando che fino alla condanna tutti sono da ritenersi innocenti, abbiamo capito che l'unica cosa che un giornale serio - e un grande editore, che chi scrive vuole qui ringraziare pubblicamente - possa fare è scrivere tutto, tutto fino all'ultima riga e senza la minima reticenza, contrariamente alla scuola di pensiero di tanti organi d'informazione specializzati a nascondere le notizie o ad arrovellarsi sui misteri del proprio ombelico. Le notizie si pubblicano. Tutte. Perché la libertà non si proclama, si dimostra. La Provincia lo ha fatto anche stavolta e proprio per questo si sente legittimata a chiedere ai politici comaschi di comportarsi nello stesso modo.
Non mancheremo di far sapere ai nostri lettori quali sono i candidati che preferiscono non rispondere: per loro sarà una campagna elettorale lunghissima.
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