Apprendiamo oggi che, tra i militanti del suo partito, non tutti condividevano una dieta così umile. Certo non il tesoriere Luigi Lusi: nei suoi conti al ristorante, saldati con denaro della Margherita e dunque, in ultima analisi, di tutti noi, figurano voci come "spaghettini al caviale" (180 euro), "antipasto di mare" (200 euro), "pesce del giorno" (120 euro). E mentre Rutelli, finita la sua cena a base di verdure smunte e carboidrati secchi, si ritirava, immaginiamo, in una stanzetta disadorna, infilandosi sotto le lenzuola lise di un lettuccio gelido, il Lusi, appena un poco meno spartano, dirigeva verso lidi come il Kamalame Cay Resort delle Bahamas dove, per un soggiorno di sette giorni con la moglie, quel tesoro di tesoriere sborsò circa ottantamila euro di tasca non sua. Bisogna riconoscere che con Lusi non erano tutte cene e vacanze: c'era anche il lavoro. Lo dimostra il fatto che, costretto da impegni inderogabili ad annullare un viaggio di piacere in Montenegro, l'uomo d'oro della Margherita saldò una penale da 8.700 euro.
Insomma, proprio quando uno incomincia a temere che tutta la letteratura sui privilegi della Casta, tutta la morale sul parassitismo dei politici e sulla sfacciataggine dei partiti abbia stancato, sia diventata demagogia allo stato puro e vada perdendo consistenza per diventare un ritornello facile da intonare, una cantilena comoda da ripetere, ecco spuntare un personaggio grazie al quale diventa evidente come i luoghi comuni, ogni tanto, hanno ragione di essere e che, tra questi, uno in particolare è sempre valido: la realtà supera l'immaginazione.
Sì, perché mentre noi, poveri di spirito e di fantasia, pensiamo alle ruberie della Casta come a pratiche espletate negli angoli bui, come accordi frettolosamente consumati nei sottoscala, la realtà ci illumina sul fatto che, al contrario, ruba meglio chi ruba alla grande, truffa bene chi truffa alla luce del sole e chi fa sfoggio di potere e lusso. Tanto, sotto, ci sono soltanto pecore, neppure in grado di immaginare la destinazione finale dei loro soldi, ovvero lo stomaco di un tesoriere. Ma se sorprende la voracità da piranha di Lusi e se inquieta la capacità del suo stomaco, sopra ogni cosa spaventa la foltezza del pelo che vi è piantumato sopra; spaventa il tono minaccioso con cui, andatogli di traverso l'antipasto di mare (200 euro), egli fa sapere che «se parlo io salta tutto il centrosinistra» e spaventano pure le facce pallide, tirate e all'apparenza già colpevoli di una classe dirigente che sembra aver sempre qualcosa da nascondere.
Non è questa la solita tirata finale contro "lorsignori": è piuttosto l'impellente richiesta di un rinnovamento che parta dall'individuazione dei singoli responsabili, dal pubblico dispiegamento del loro malaffare e infine dalla riparazione, accurata ed estensiva, di ogni danno procurato alla collettività. Una sorta di conto finale, tutto da saldare. Dove il pesce del giorno, al quale tocca di finire in padella, questa volta sarà proprio il piranha.
© RIPRODUZIONE RISERVATA