L'esordio anche a Como (dopo Varese, Lecco, Sondrio e un'altra decina di province in Lombardia e Piemonte) dell'associazione "Imprese che resistono" è il segnale che anche da noi la crisi sta mettendo a dura prova lo spirito finora indomito di commercianti, artigiani, piccoli e grandi industriali.
Sentirsi soli di fronte ai conti che non tornano, ai clienti che non ti pagano, alle banche che non ti rinnovano il fido non è più un'esperienza di pochi. Le loro proposte riguardano tasse, tempi e certezza dei pagamenti, rapporto con le banche, ammortizzatori sociali, blocco immediato dell'esecutività delle azioni di Equitalia, erogazione di "credito diretto" dallo Stato alle imprese.
Temi che da mesi occupano le prime pagine dei giornali, senza trovare, evidentemente, risposte esaustive dal governo, dalla politica, dalle amministrazioni pubbliche. E, da ultimo ma non meno importante, dalle tante sigle di rappresentanza imprenditoriale. Non è un mistero per nessuno, tanto meno per loro, che questa crisi così lunga e di difficile interpretazione ha costretto anche i "sindacati" storici degli imprenditori (Confindustria Confartigianato, Cna, Confcommercio, Confesercenti) a rimettersi in gioco.
A fare i conti con la cancellazione delle iscrizioni (per chiusura delle imprese o per dissenso verso le politiche applicate) e alla conseguente riduzione del peso della rappresentanza. Storiche rivalità non aiutano, poi, a ripensare un modello nuovo, più rispondente alle esigenze del mondo del lavoro profondamente cambiato. Avanza infatti una nuova generazione di imprenditori che il più delle volte si scoprono tali per necessità. Lo scorso anno il 60% delle nuove aziende registrate in Camera di commercio fa capo ad un titolare con alle spalle un'esperienza di lavoro dipendente arrivata a conclusione. In parole povere: mettersi in proprio oggi sembra essere l'unico modo per sbarcare dignitosamente il lunario. Con queste basi così fragili (soprattutto finanziarie) la precarietà che finora sembrava riservata ai giovani, sta irrompendo con forza anche nel mondo imprenditoriale.
Certo, più facile cedere al populismo, cavalcare indistintamente la protesta. Più difficile riuscire a portare a casa il risultato se dall'altra parte hai un governo impegnato a salvare l'Italia dal baratro e dall'altra una recessione ormai conclamata.
In questo momento "Imprese che resistono" è nella fase inebriante della protesta, del tutto contro tutti. La forza della sua proposta si misurerà nella capacità di dare anche una sola risposta ai colleghi che stanno credendo. Per ora gode delle simpatie dei talk show che dopo aver buttato a mare nani e ballerine hanno trovato nel mondo lavoro una fonte inesauribile di storie. Se il sassolino che rotola dalla montagna provocherà una valanga o solo un piccolo, salutare smottamento in un sistema oggi troppo autoreferenziale non si misurerà tuttavia dai passaggi tv, ma dalla fiducia che saprà guadagnarsi da quei tanti capitani coraggiosi impegnati a resistere alla crisi. Malgrado tutto.
Elvira Conca
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