Ormai, lo ha certificato anche la Corte dei Conti, la pressione fiscale è al 45%, un paio di punti dietro Danimarca, Svezia e Belgio, Paesi - specie i primi due - che chiedono molto ai loro cittadini, ma a questi danno altrettanto, se non di più, in termini di quantità e qualità dei servizi. Il dato acquista una luce ancora più sinistra, se messo vicino ad altre cifre uscite in questi due giorni: l'altro ieri uno studio di IntesaSanPaolo ha certificato che solo nel 2011 la contrazione della spesa alimentare è arrivata a un -1,5%, riportando gli italiani a quanto sborsavano - fatte i debiti rapporti - 30 anni fa, tanto per dare un'idea di quanto tutti abbiano imparato a risparmiare. Il motivo, fin troppo noto, è stato fissato da altri numeri: la spesa per i generi di più largo e frequente consumo, a febbraio è salita di un 4,5%: era dal 2008 che non si dovevano sborsare tanti soldi per gli stessi prodotti. E anche il mattone non tiene più: nel terzo trimestre del 2011 l'accensione di mutui è crollata del 18% rispetto a un anno prima.
Le curve, insomma, sono tutte verso il basso e anche i sondaggi confermano che il 46% degli italiani fatica ad arrivare alla fine del mese e l'11% è quasi letteralmente alla fame. La fotografia si fa di giorno in giorno più drammatica e ora anche il quadro di annunci e prospettive allestito nelle settimane scorse dal governo, rischia di apparire un semplice ologramma: si vede, sembra che si possa afferrare, ma non c'è, è una proiezione tridimensionale.
Lo stacco di Monti dalla pratica e dalle scelte politiche precedenti è notevole, nessun confronto è possibile. Sui mercati e presso le cancellerie abbiamo recuperato in credibilità, le misure urgenti con tanto di sacrifici annessi sono passate con il consenso più vasto: questa è una dote che Monti e i suoi professori possono vantare, ma che rischia di consumarsi in fretta.
Vanno bene le riforme strutturali, è giusto aprire una società bloccata come quella italiana, togliere di mezzo privilegi e immunità, ma Monti e i professori forse farebbero bene a rinunciare a un convegno o a un vertice e a scendere nel mercatino sotto casa: basta guardare la gente che non spende come prima, che diserta perfino i supermercati, che quando va alla pompa di benzina è come si accingesse ad entrare in una gioielleria.
Bene le riforme, dunque, ma la vera emergenza oggi è andare incontro ai bisogni dei cittadini: abbassare la prima aliquota Irpef, ad esempio, potrebbe essere un buon segnale, ridurre le imposte sul lavoro che pagano imprese e lavoratori un'altra mossa importante, sterilizzare le accise sui carburanti potrebbe rivelarsi un asso.
Non ci sono i soldi? Se è emergenza, se non siamo fuori dalla crisi come dice il premier, ebbene si adottino scelte adeguate, d'emergenza. Anche se dovessero fare male, sul serio, a banche, assicurazioni, militari, super ricchi e alla politica che, forse, non ha ancora capito quanto poco il Paese la stimi. Non è giusto, ma se ne facciano tutti una ragione e si ravvedano. Anche Monti, Passera e Fornero.
Umberto Montin
© RIPRODUZIONE RISERVATA