Le parole pronunciato sabato sulla riforma del lavoro e non solo fanno pensare che ci stia prendendo gusto. La stessa idea di andare a mettere le mani in campi finora minati come lo stesso mercato del lavoro e la giustizia (la partita sulla Rai è tutt'altro che chiusa) segnano il passaggio dal governo dell'emergenza nazionale chiamato a risposte sollecite e sbrigative sulle questioni poste dalla crisi economica a un esecutivo di legislatura, addirittura ponte tra la fallimentare e agonizzante Seconda Repubblica e un qualcos'altro di cui ancora non si comprende la forma. Con il sospetto che Monti, la Fornero, Passera e compagnia tecnicante saranno ancora della partita.
Un premier solo in prestito alla politica non avrebbe detto quelle cose e soprattutto in quel modo. Se un politico, di questi tempi, si misura anche dalla capacità comunicativa, Monti ha superato alla grande l'esame. Se un politico si valuta dalla capacità di prevedere gli eventi, il presidente del Consiglio sulla modifica del rapporto tra Fiat e Stato (emblematico), può segnarsi in pagella il voto pieno.
Se un politico si pesa dalla sua capacità di riempire i vuoti lasciati del sistema, l'ex rettore della Bocconi lascia intendere di saperla lunga.
Perché i partiti tramortiti dagli scandali, dall'ondata montante dell'antipolitica, dall'incapacità di elaborare ricette strategiche per il presente e il futuro, stanno vivendo una fase di afasia, in fondo non così dissimile da quella che segnò, nei primi anni '90, il transito dalla Prima alla Seconda Repubblica. Non a caso anche allora spuntarono i tecnici lesti a cambiare pelle e politicizzarsi. Non a caso, in quei tempi, la regia del Quirinale si faceva sentire.
Se Monti davanti alla platea degli industriali (sempre pronti a cogliere la direzione del vento che cambia) si è spinto a fare quelle considerazioni subito dopo il vertice con Alfano, Bersani e Casini, qualcosa vorrà pur dire.
Certo adesso vi sarà la ricreazione della campagna elettorale per le amministrative con qualche contraccolpo in Parlamento sul governo. Proiettili a salve, peraltro. Poi Monti giocherà la partita per il futuro. Con pochi avversari. Il Pdl vive una fase travagliata di passaggio. Berlusconi, se non si schianterà su uno scoglio giudiziario, sogna il Quirinale (altro che Cristiano Ronaldo). La conferma di Monti a palazzo Chigi toglierebbe di mezzo un pericoloso contendente. Nel Pd è in corso la rituale guerra tra bande per azzoppare un eventuale premiership di Bersani. Monti (o Passera) potrebbero sancire una tregua, ovviamente armata. Nel Terzo Polo, Casini può pure permettersi di stare fermo un giro in attesa di una legge elettorale favorevole. E pazienza (anzi) se Fini nel frattempo invecchia. E poi, se nella stanza dei bottoni dovessero tornare i politici, chi glielo dice allo spread?
Francesco Angelini
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