Le insegnanti sono una risorsa fondamentale nella scuola, ma sarebbe meglio che nel loro complicatissimo incarico potessero confrontarsi con gli uomini, con i maestri che, soprattutto alle materne e alle elementari, non ci sono più. Nella comunità europea i maestri sono il 40% del totale, nel Comasco sono praticamente zero alle materne e il 2% alle elementari; va un po' meglio alle medie, il 15,68% e alle superiori, il 33%. Pochissimi, tanto che già da qualche anno c'è chi dice che ci vorrebbero delle quote azzurre a tutela dell'insegnante maschio.
Il problema però è che, ci fossero anche le quote azzurre, non ci sarebbero ugualmente i maestri a riempirle le quote, perché sono pochissimi gli uomini disponibili a fare i maestri. Eppure, conoscendo alcuni buoni maestri, gli stessi maschi cambierebbero idea su questa professione.
Sta di fatto però che nel modo comune di pensare, un maestro maschio è uno che guadagna poco, ha poco prestigio sociale, poca probabilità di far carriera, ha più pomeriggi liberi di un impiegato e quindi è apparentemente meno stressato, meno indaffarato e, quindi, impatta meno nella società.
Detto ciò, gli insegnanti maschi sono fondamentali. Non c'è niente da fare, un maestro non è una maestra e fa guardare il mondo da un altro angolo. E non si tratta di dire se è meglio l'angolo rosa o quello azzurro, non è questione di competizione, piuttosto di avere due occhi sul mondo invece di uno. Il maestro ha un approccio e una visione delle lezioni, dei compiti, del gioco, del rapporto con i compagni che sono spesso diversi da quelli della maestra e la diversità completa.
Se esiste la convinzione che la donna sia naturalmente portata all'accoglienza e alla pazienza, in realtà ciò non esclude affatto che l'uomo non lo sia, e se si tratta di un uomo-mastro non solo queste qualità non sono da escludere, ma sono parimenti naturali. In più, l'uomo ha dalla sua un'autorevolezza che si conquista con uno sguardo e a volte una complicità che egli crea con l'alunno pronunciando magari una sola frase o lanciando un'urlata che fa paura al momento giusto, o tirando in porta quando il bambino meno se lo aspetta. E, bisogna che sia chiaro, non si tratta assolutamente di dire che sono meglio le maestre o i maestri, ma ci vogliono entrambi. Nelle superiori, dove il numero di docenti maschi è superiore, la verifica si fa facilmente.
Il campo è minato perché il mondo della scuola è così importante che si porta dietro frustrazioni enormi e suscettibilità straordinarie. A volte non urtarle sembra impossibile. E non è che le maestre non siano autorevoli, non abbiano sguardi convincenti, o frasi ficcanti, ma il maestro e la maestra hanno, per fortuna, un modo differente di porsi e di vedere una stessa situazione, come maschi e femmine nella vita di tutti i giorni.
Ci sono maestre che si stizziscono per un po' di brusio o una fila indiana sgangherata e maestri che si fanno una risata e cantano più forte sopra le voci dei propri alunni, che proprio non riescono a beccare la nota al saggio di fine anno. Ci vuole il rimbrotto perché silenzio e ordine sono importanti, ma ci vuole anche una sana risata quando qualcosa non va. E viceversa. Se ci fossero più maestri, il doppio ruolo (sgridata-risata) non sarebbe tutto sulle spalle delle maestre e sarebbe sicuramente interscambiabile. La partita finirebbe pari per i maestri e le maestre, vincerebbero i bambini.
Carla Colmegna
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