Tempi disperati, misure disperate. Sembrerebbe uno slogan da sottoscrivere se non fosse che, pur riconoscendo la gravità del momento, qualche volta si assiste, con angoscia, alla somministrazione di rimedi peggiori del male.
Il male, lo diciamo per chi si fosse distratto quei tre o quattro anni, è la crisi. Che non è un male solo: sono tanti. Una tavolozza di mali, un assortimento completo di mali che neanche la lista nozze di Kate Middleton. Tra gli aspetti peggiori, e tristemente ironici, della crisi, senza dubbio c’è il fatto che tante imprese si ritrovano a casse vuote pur vantando crediti su lavori eseguiti per conto degli enti pubblici. Ne abbiamo scritto proprio qui, in queste pagine: aziende sull’orlo del fallimento nonostante la teorica disponibilità di centinaia di migliaia di euro. È un paradosso, ma un paradosso angosciante: quando il lavoro c’è, ecco che ci si mette il patto di stabilità.
A Como, va dato atto all’Amministrazione provinciale di non essere rimasta insensibile al problema. La soluzione annunciata da Villa Saporiti, tuttavia, ha fatto inarcare tutti i sopraccigli a nostra disposizione.
La soluzione sarebbe questa: la Provincia vende un terzo delle sue quote della società Serravalle (il cui passaggio del pacchetto di maggioranza alla Provincia di Milano è, sia detto per inciso, al centro di un’inchiesta per corruzione che vede indagato l’ex presidente Filippo Penati), ne ricava otto o nove milioni e, con questi, paga i creditori. Pare di sentire, in lontananza, il sospiro di sollievo di chi, in questa notizia, intravede una possibilità per salvare la sua azienda, magari pagando nel contempo quei dipendenti che attendono il giusto compenso. Noi, nel ribadire la necessità di una rapida soluzione, ci permettiamo di dubitare che la vendita di quote pubbliche sia una trovata lungimirante.
Vendere le quote significa privarsi di qualcosa che appartiene al pubblico, ovvero a qualcosa (e a qualcuno) che l’Amministrazione provinciale rappresenta direttamente. Girare il denaro ricavato ai creditori significa, di fatto, pagare i debiti intaccando un patrimonio che, lo ricordiamo, non è un cumulo di beni intestati a una società privata: è invece parte della ricchezza di una comunità. Ricchezza che, una volta liquidata, sparisce per non tornare.
Diverso sarebbe stato se la Provincia, con il denaro ottenuto con la cessione delle quote, avesse provveduto a investimenti in termini, per esempio, di opere pubbliche: il valore delle quote sarebbe così rimasto al servizio della cittadinanza, senza apportare al patrimonio una dolorosa decurtazione.
L’operazione "vendi e scappa", come potremmo chiamarla con un pizzico di humour, permetterà a Villa Saporiti di cavarsela nel breve se non nel brevissimo termine, ma non è un modello da replicare nel futuro prossimo. Per onorare i debiti nei confronti delle aziende, l’Amministrazione di Como, così come tutti gli enti pubblici nella stessa situazione e lo Stato che agli enti locali detta le condizioni, dovrà piuttosto operare un risanamento gestionale e finanziario che, solo, può contribuire a portarla fuori dalla crisi. E noi, imprese e privati, insieme a lei.
Mario Schiani