Il governo Monti è entrato nel suo quarto mese di vita in un clima che appare surreale per l’assoluta latitanza della politica che, ancora oggi, non appare in grado di esprimere un’alternativa plausibile all’attuale esecutivo. Tutte le forze politiche, nessuna esclusa, stanno vivendo una crisi senza precedenti che rischia di far montare nel paese una rabbia sociale dagli esiti imprevedibili. Elettori di destra e di sinistra si trovano accomunati dal medesimo disgusto per un ceto politico che ha perso ogni residua credibilità.
Le vicende delle ultime settimane dimostrano ancora una volta che il malaffare alberga nella nostra politica in modo trasversale e che suona grottesca l’accusa di qualunquismo nei confronti di chiunque si limiti a prendere atto della scomparsa di ogni capacità distintiva tra i due tradizionali schieramenti. Il governo Monti continua ad andare avanti per conto proprio nella consapevolezza dell’assoluta inanità della politica che sta offrendo di sé una rappresentazione davvero miseranda.
Dopo essersi defilati per paura di dover rispondere all’elettorato delle nefandezze compiute nella gestione della cosa pubblica, i nostri partiti avrebbero dovuto cogliere questa fase per promuovere il ricambio dei gruppi dirigenti, sia centrali sia periferici, veri artefici del saccheggio delle pubbliche finanze.
Di contro, stiamo assistendo a faide interne di immani proporzioni che nulla hanno a che fare con la politica. I nostri partiti hanno ospitato al proprio interno vere e proprie camarille che, dopo avere gozzovigliato per decenni alle spalle dell’ignaro cittadino, ora si stanno disputando gli ultimi lacerti. La politica sta sprecando un’occasione storica per promuovere quella bonifica morale di cui avrebbe vitale bisogno per potersi riaccreditare davanti al cittadino. Il paese appare sfiduciato e rassegnato nel dover navigare a vista con un governo sprovvisto di legittimazione popolare che si regge solo sulla pavidità dei partiti i quali non hanno avuto il coraggio di adottare le misure draconiane imposte dall’Europa. Questa è la grande anomalia su cui si fonda il governo tecnico presieduto da Monti che, a ben guardare, è assai meno tecnico di quanto si possa credere. Con il trascorrere delle settimane, infatti, questo governo sta assumendo sembianze che sconfessano la proclamata discontinuità rispetto ai precedenti governi. Sta emergendo con sempre maggiore nitore una contiguità tra esecutivo e sistema bancario che abbiamo già visto in tutti gli altri governi della Repubblica, nessuno escluso.
La cosa grave, tuttavia, è che permanga questa contiguità malgrado le gravi responsabilità che ha il sistema bancario nel perpetuarsi di questa crisi. Non è un caso che, nello spettro alquanto ampio e variegato del malcontento, non figurino le banche alle quali il premier dovrà rammentare con urgenza il ruolo primario di supporto delle famiglie e del sistema produttivo. In caso contrario, anche le banche dovranno rispondere della rabbia sociale che si sta pericolosamente diffondendo nel paese.