C'era una volta un leader venezuelano, Hugo Chavez, che definiva la gerarchia cattolica un «male da estirpare». Un leader che vantava la sua fede personale, che definitiva Cristo come un ottimo socialista, ma che considerava sacerdoti e religiosi come pericolosi ostacoli al percorso del suo potere. Oggi Chavez parte in tutta fretta da Caracas per recarsi a Cuba, ufficialmente per proseguire le cure intraprese dopo l’insorgere di un tumore. Ufficiosamente, in cuor suo, nella speranza di incontrare faccia a faccia, Benedetto XVI.
C’era una volta la Cuba comunista di Fidel Castro. Poi ci fu la straordinaria empatia tra il leader cubano e Giovanni Paolo II. Da allora a Cuba i cattolici sono più liberi e la gerarchia cattolica intrattiene buoni rapporti con il governo. Ma oggi qualcuno sussurra che Fidel sia sulla soglia di compiere un gesto dal sapore personale e definitivo. Riabbracciare la fede della sua infanzia, quella ereditata dalla sua famiglia, mentre la vita sta inesorabilmente viaggiando verso la sua conclusione. E proprio questo, se si vedranno davvero, potrebbe essere il contenuto dell’incontro, faccia a faccia, con Papa Benedetto.
Centinaia di migliaia di persone hanno invaso le strade messicane per applaudire il Papa. Altrettante lo aspettano a Cuba. Un calore identico a quello che 14 anni fa accolse Papa Giovanni Paolo II. Ce ne sarebbe già abbastanza per considerare storico il viaggio di Papa Benedetto. Ma ciò che più colpisce è che quanto sta accadendo in quei Paesi è uno straordinario messaggio a noi europei, perché ci mostra uno sguardo interessante del Papa in Paesi dove la fede è ancora un elemento decisivo per la vita e la cultura di un popolo. Anche in società, soprattutto quella messicana, dove la gente deve sopportare contraddizioni enormi, violenze e povertà. Per noi, tiepidi europei, la fede di quei popoli è qualcosa a cui guardare e da cui imparare.
Del resto le stesse parole del Papa lo testimoniano. «Eprimo - ha detto - gratitudine ed ammirazione per coloro che seminano il Vangelo tra le spine, anche in forma di persecuzione, altre di esclusione o di disprezzo». Ed ha aggiunto: «La comunità cristiana deve resistere alla tentazione di una fede superficiale e abitudinaria, a volte frammentaria e incoerente. Si deve superare la stanchezza della fede e recuperare la gioia di essere cristiani».
Le parole del Papa e i volti delle migliaia di fedeli accorsi in Messico ad ascoltarlo. La fede dei semplici nel sorriso di uomini e donne costretti ogni giorno a misurarsi con la violenza e la morte, con la povertà e l’esclusione. Tutti lì, davanti al successore di Pietro, a testimoniare la propria irriducibile certezza. Ed è proprio questa irriducibilità, questa semplicità che rende giganti, che viene indicata anche a noi europei, troppo spesso tiepidi ed inclini al compromesso.
E’ la misericordia di Dio a salvare il mondo e a cambiare la storia. La misericordia di Dio salva ogni uomo se solo viene riconosciuta e invocata. E questo, oggi, vale anche per Hugo Chavez e Fidel Castro.