Così la "strana coalizione" ha trovato nelle riforme il terreno per esorcizzare l'ombra delle elezioni ad ottobre: Alfano, Bersani e Casini hanno sottoscritto un accordo per cambiare il «Porcellum» e introdurre un Parlamento più leggero e il premierato forte. Operazione che dovrebbe correre su un binario parallelo (la legge elettorale al Senato, le riforme istituzionali alla Camera) ed essere incardinata in pochi giorni. Giustificato il sollievo di Giorgio Napolitano che esprime apprezzamento per l'avvio «senza indugi» del cammino riformista: il capo dello Stato vi legge una risposta alle sferzate di Monti alla Grande Coalizione. «Ci avevano chiesto di battere un colpo e lo abbiamo fatto», taglia corto Pier Ferdinando Casini.
In realtà il trio ABC ha semplicemente spostato l'attenzione su temi un po' meno incandescenti del mercato del lavoro. Era una mossa pressoché obbligata dal momento che sui licenziamenti non c'è nessuna intesa: infatti la questione è rimasta fuori dal vertice (anche se è difficile credere che non sia stata nemmeno sfiorata) e dovrà prima o poi essere discussa. Ma intanto «si è sciolta la diffidenza reciproca», osserva Ignazio La Russa e si tratta di un risultato psicologico importante che può preludere a un cambio di clima.
Del resto che la crisi sia un'ipotesi molto remota è certezza diffusa. «Stupidaggini», ha detto lapidario Bersani.
Solo un incidente parlamentare sulla riforma del lavoro potrebbe darle corpo (Osvaldo Napoli). Ma è anche vero che il governo non può rischiare proprio sul cuore del suo programma. C'è da chiarire come ne potrà uscire il Pd: Dario Franceschini e Stefano Fassina dicono che la riforma del lavoro può passare in trenta giorni se verrà reintrodotta la possibilità del reintegro. Ma sembra un obiettivo difficile da raggiungere.
Con ogni probabilità la discussione scivolerà al dopo amministrative, quando saranno più chiari i rapporti di forza.
Per il momento i democratici curano i rapporti con la sinistra e chiedono a Monti di dare una risposta alle tensioni sociali.
Risposta che non si può esaurire nei complimenti di Obama e nemmeno nella speranza che le riforme abbiano riflessi sullo sviluppo nel giro di qualche mese. Ci vuole qualcosa di più concreto.
C'è da interrogarsi inoltre sul cambiamento del quadro politico alla luce della nuova legge elettorale (se sarà approvata). Un «sistema tedesco bipolarizzato», per usare l'immagine di La Russa, a che cosa può portare? A un'alleanza sulla base del programma, come pronostica Gianni Alemanno, o piuttosto alla Grosse Koalition proiettata oltre il 2013 sull'onda dell'emergenza, come vorrebbe Casini? Un fatto è certo: la sinistra freme. I dipietristi parlano di una truffa, i prodiani di un tradimento: il Pd rinnega il bipolarismo, accusano.
Pierfrancesco Frerè
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