La matematica non è un'opinione, si è sempre detto, ma l'economia e la finanza invece sì. Dunque queste sono le cifre ma per gli italiani non sono una novità. Da anni, decenni i contribuenti che nella colonna del quadro del 740 inseriscono il loro stipendio annuo, depurato dalle striminzite deduzione e detrazioni, sono abituati a scoprirsi più abbienti non solo degli imprenditori, ma anche di gioiellieri, notai, lavoratori autonomi in genere. Almeno stando alle sole dichiarazioni dei redditi.
Questa volta però il dato è ancora più eclatante, anche se gli artigiani di Mestre, abituati a destreggiarsi tra numeri e bilanci, avvertono che «si tratta di un falso statistico, in quanto include nel dato medio usato per dimensionare il reddito di un lavoratore dipendente, anche quelli percepiti da magistrati, manager privati, e pubblici, dirigenti e professori universitari». Sarà vero, ma è difficile far credere che il sorpasso sia possibile solo grazie a qualche migliaio di "vip degli stipendi", sufficiente a condizionare le dichiarazioni di milioni di dipendenti. Anche perché in questi dati non sono compresi i redditi degli autonomi il cui reddito medio batte tutti e supera i 41 mila euro.
Ancora una volta, nonostante le spiegazioni tecniche, la realtà è quella di un sistema fiscale fin troppo permeabile a chi vuole nascondere i veri guadagni. E le recente strette della Finanza e dell'Agenzia delle Entrate sono lì a dimostrarlo in concreto, anche senza voler ricorrere alle centinaia di studi e denunce - non ultimi quelli della Corte dei Conti - che stima l'evasione fiscale in Italia attorno ai 240 miliardi all'anno, cui aggiungere i 540 miliardi di sommerso e i 120 miliardi nascosti all'estero, ovviamente in "nero".
Se stride con i dati del ministero il livello di evasione, non meno cozzano i provvedimenti presi negli ultimi tempi: dalle stangate arrivate con le ultime manovre, da quelle future con tariffe, Imu, addizionali e rincari indiretti con l'aumento dell'Iva, fino alle riforme dure su pensioni e lavoro. Al di là del giudizio che si può dare su ciascuna di queste voci, necessarie o sbagliate, non sfugge a nessuno che i diretti interessati siano in primo luogo colo che al fisco non possono sfuggire, perché sono tassati alla fonte, ovvero chi ha un salario o uno stipendio.
Serve cambiare, tutti ne sono convinti, le riforme sono indifferibili, però forse per una volta Monti e i suoi professori farebbero bene a invertire l'ordine di alcune voci della sua agenda. Magari lasciando in fondo, per un po', i dipendenti nell'elenco di chi finisce sotto tiro.
Umberto Montin
© RIPRODUZIONE RISERVATA