Già qui c'è qualcosa che stona tra il dettato legislativo e la sua applicazione. Ma per qualche papà sorge un problema ulteriore: "E quando finalmente arriva il mio turno dove porto mio figlio, al dormitorio?" Se lo chiedono, e ce lo chiedono (a noi, alle istituzioni, alla società tutta) i due comaschi di cui raccontiamo oggi la storia nelle cronache: uno dopo la separazione ha perso il senso della vita, l'altro solo la casa, ma dovendo passare mille euro di assegni di mantenimento non può permettersene un'altra. Non possiamo liquidarli come un'eccezione.
In Italia sono 4 milioni i separati e secondo l'Eurispes l'80 per cento di loro non riesce a vivere del proprio stipendio, tanto che 800 mila sono sotto la soglia di povertà.
Anche a Como un gruppo di papà separati si riunisce mensilmente nella casa albergo delle Alci per affrontare questa e altre emergenze. Quando in altre città - da Roma a Milano - i Comuni hanno creato monolocali e bilocali per uomini in analoghe condizioni, hanno pensato di avanzare una richiesta simile all'amministrazione comasca. Ma poi si sono fermati, riflettendo sul fatto che le case per i papà separati sono un palliativo che non risolve, ma anzi contribuisce a rendere cronico il problema: non può lo Stato buttare un uomo in ginocchio con una mano e con l'altra sollevargli (solo) la testa. Qui da difendere c'è molto di più: la dignità e il benessere di tutti i soggetti coinvolti nella disgregazione della famiglia. Mamme, figli e papà.
Dal 1996 la Convenzione europea sui diritti dei minori ci dice che «al fine di prevenire o di risolvere i conflitti, e di evitare procedimenti che coinvolgano minori dinanzi ad un'autorità giudiziaria, le Parti (cioè gli Sati, ndr) incoraggiano il ricorso alla mediazione». In Italia non accade quasi mai. Le istituzioni di fatto favoriscono la lite giudiziaria che danneggia la famiglia tutta, costa alla collettività, e rende soltanto a una significativa quota dei 1200 avvocati iscritti all'albo provinciale.
Alcuni lodevoli tentativi di seminare una cultura più attenta alle persone sono partiti dal basso, ma faticano ad arrivare in alto: per esempio il ciclo di incontri "Si è rotto il lettone" organizzato un anno fa dall'assessorato alla Famiglia di Como, e la scelta dell'associazione dei papà separati comaschi di confrontarsi con le donne che vivono lo stesso problema per cercare di migliorare insieme la quotidianità, la cultura e la legge.
Storie come quella dei due papà che si sono incontrati al dormitorio rischiano di svuotare di significato riti pasquali come la benedizione delle famiglie e la distribuzione dei rami d'ulivo. Solidarietà e pace dovrebbero essere valori fondamentali. Di quelli che i «genitori trasmettono ai figli con i mille fatti e gesti della vita quotidiana». Sono le parole con cui, nel 2002, Segolene Royale presentò ai francesi la legge sulla "residenza alternata". Due case, due genitori egualmente presenti, che provvedono direttamente alle esigenze della prole. È quello che anche in Italia raccomandano gli psicologi e i pediatri per il benessere dei bambini. Mancano i politici.
Pietro Berra
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