E' stato così anche per Giuseppe che ieri si è tolto la vita a Milano. Aveva perso il posto da autotrasportatore e si era separato dalla moglie. «Cercava lavoro tutti i giorni, ma lavoro non ne trovava» racconta la madre. E' stata lei a trovarlo senza vita, dopo due giorni di ricerche. Giuseppe abitava nella periferia milanese, quella che sta pagando un prezzo altissimo alla crisi economica.
A Roma un imprenditore si è ucciso in casa, sparandosi un colpo di fucile al petto. La sua azienda era in fallimento, gli operai in cassa integrazione. Ha lasciato una lettera; ha chiesto scusa, ha scritto che non vedeva vie d'uscita.
Un imprenditore, un operaio, una pensionata. Loro come i tanti altri che si sono uccisi o che hanno tentato di uccidersi. Senza lavoro o con debiti insopportabili. Disperati e soprattutto soli.
C'è qualcosa di insopportabile in tutto questo. Che un uomo arrivi ad uccidersi perché non riesce più a pensare ad un domani. Ed è insopportabile che nessuno di quelli che oggi guidano questo Paese si senta in dovere di spendere una parola per dirci che non dovrà più accadere che qualcuno sia talmente solo con le proprie difficoltà, da pensare al suicidio come all'unica via d'uscita.
Una cosa è certa. Forse usciremo da questa crisi, ma rischiamo di pagare un prezzo altissimo. Le morti di questi giorni ci dicono senza ombra di dubbio che la disperazione cresce. Non stiamo parlando di casi particolari, di condizioni sociali disastrate, di casi limite. Stiamo parlando di una pensionata, di un operaio e di un imprenditore, come ce ne sono milioni in questo Paese. E' questo che rende il tutto insopportabile. Stiamo vivendo un'epoca nella quale una persona normale, può sprofondare nel baratro nel giro di qualche giorno. Basta perdere il lavoro e ci si ritrova in un girone infernale da quale è difficilissimo uscire.
Quanto tempo dovrà passare ancora prima che la classe illuminata di questo Paese, tecnici o politici che siano, si renda conto che il nostro welfare va completamente ridisegnato? Chi si trova senza lavoro, chi è costretto a vivere con 600 euro al mese, chi rimbalza da un lavoro precario all'altro, chi si trova da un giorno all'altro senza i soldi per pagare gli operai della sua azienda. Ciascuno di questi va protetto, aiutato, sostenuto, non abbandonato. Non ci si può arrendere all'idea che tanto c'è qualche associazione che distribuisce pacchi con i viveri e la Caritas che si fa in quattro per aiutare le famiglie almeno a sopravvivere.
Quello che questa geniale solidarietà riesce ad intercettare è soltanto una piccola parte del mare di bisogno che esiste. Rispondere a questo bisogno è un dovere di chi governa. E bisogna rispondere subito, con leggi adeguate e con scelte illuminate. Altre morti senza risposta, sarebbero oltremodo insopportabili.
Massimo Romanò
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