Se i partiti avessero le labbra, oggi ci appiccicherebbero sopra dei baffi finti. Se avessero gli occhi, li coprirebbero con una maschera. Se provassero vergogna, uscirebbero solo di notte. Purtroppo, noi attribuiamo fattezze e sentimenti umani a organizzazioni che anima non hanno e volti non possiedono: per questa ragione, i partiti sono ancora tra noi. Altrimenti sarebbero già andati a nascondersi da un pezzo.
Non c’è chi, in questa amara stagione, abbia l’animo in pace con i partiti. Nessuno stupore: mentre qui si tira la cinghia, là - nelle segreterie, nelle presidenze e, qualche volta, perfino nelle umili sezioni - il denaro è acqua di fonte che sgorga con spensierata liberalità. Dai 50 euro passati sottomano dall’autista, alle centinaia di migliaia spesi in ogni genere di affari privati, poco cambia: gli uni e gli altri euro passano di mano con la stessa sfacciata indifferenza, l’identica concezione del furto come gesto impunito e, anzi, garantito da un diffuso privilegio che, evidentemente, si intende connesso alla natura stessa della politica.
Come pensare che sia rimasta tolleranza per chi, dopo aver fatto allegro macello delle finanze nazionali, tanto da costringere un impietoso chirurgo come Mario Monti a intervenire d’urgenza, non dimostra alcuna intenzione di frenare l’emorragia del denaro pubblico, di cancellare la parola beneficio dal proprio dizionario e di restituire, almeno in parte, quanto indebitamente intascato? E infatti tolleranza non c’è: la gente si abbandona alla rabbia, al dileggio e, con l’approssimarsi del voto locale, ragiona sempre di più in termini di liste civiche. Oltretutto, non è solo una questione di quanto i partiti prelevano dalle tasche: il problema è anche quanto non rimettono a posto. Un esempio: le multe per attacchinaggio abusivo. I partiti - pressoché tutti i partiti - le ignorano, dimostrando in un colpo quanto rispetto nutrono nei confronti del denaro e delle regole.
E allora fiato alle trombe: basta partiti, via i partiti, a morte i partiti, superiamo i partiti. A questo punto, la domanda è una sola: per quanto tempo ancora potrà suonare questa fragorosa canzone prima che ci si renda conto di un fatto sostanziale, ovvero che dei partiti, piaccia o no, mai potremo fare a meno? Che siano questi o altri, i partiti non sono solo una sfilata di facce viste in tv o di avvisi di garanzia letti nei giornali, sono invece lo strumento attraverso il quale i cittadini hanno la possibilità di esercitare la democrazia. I partiti esistono ovunque la gente abbia una chance di farsi rappresentare a livello politico: non c’è altra formula partecipativa, in nessun Paese del mondo, che li abbia saputi sostituire.
Se vogliamo, possiamo continuare ancora per un poco a coprirli di insulti: in fondo, è un diritto che ci siamo guadagnato. A breve, però, dovremo incominciare a pensare un modo per riscattarli, per costringerli a finanziarsi senza attingere al denaro pubblico e in modo tuttavia legittimo e trasparente, per forzarli a reclutare i quadri secondo merito e buona condotta. Se preferite, possiamo metterla così: dobbiamo riprendere le cose che i partiti ci hanno rubato. E tra queste cose, non la meno importante è proprio la funzione, la logica e in estrema sintesi, l’anima stessa dei partiti.
Mario Schiani