L'immagine che resterà impressa nella memoria, ancora più delle lacrime di Umberto Bossi, saranno quelle scope brandite come una sorta di scommessa sul futuro. Quelle scope e quel grido "pulizia" urlato ossessivamente dal popolo leghista.
Il giorno dopo il raduno di Bergamo che ha sancito la fine di una storia e il traballante inizio di un’altra, Roberto Maroni, autoinvestitosi come garante del nuovo che avanza, si è presentato davanti ai magistrati della Procura di Milano offrendo collaborazione, ma soprattutto chiedendo aiuto. Che siano i magistrati a scoperchiare tutto il marcio, se altro marcio esiste, e a fare pulizia. E qui sta il punto. Se devono essere nemmeno le sentenze, ma i magistrati inquirenti, a indagini ancora in corso, a decidere i destini di un partito, i conti non tornano.
In questa "terza repubblica" dove i tecnici hanno scalzato i politici, dove i partiti arrancano guardando ad un futuro incerto, la politica stessa risulta impoverita certo per i continui scandali, ma non solo per questo. Il fatto drammatico è che oggi, se non si invoca la questione morale, la politica sembra impotente a legittimarsi. La lega dell’anti politica, del contrasto al centralismo romano, si presenta al popolo uguale agli altri. In aggiunta si presenta al prossimo voto amministrativo, vittima del giustizialismo che ne costituisce il Dna fin dagli anni ruggenti di Mani Pulite, quando agitando i cappi inveivano in Parlamento contro democristiani e socialisti. Ora altri agitano il cappio contro la Lega e il Carroccio piega il capo, spacciando tutto questo come un segno di forza e di diversità.
Tutto questo era evidente l’altra sera a Bergamo. Le lacrime di Umberto Bossi, il dramma di un uomo malato, abbattuto da una tragedia umana, ancor prima che politica, di un politico che improvvisamente si è dovuto arrendere all’evidenza di una sconfitta, non sono bastate. Il popolo leghista chiedeva di più di quelle lacrime, come se fosse possibile andare oltre l’immagine di una storia che finiva. Si illudeva che brandendo quelle scope e urlando "pulizia", come d’incanto ci si potesse liberare di un incubo e avere la certezza di un futuro.
La questione riguarda tutti, non solo la Lega. Tutti i partiti sono alle prese con la "questione morale" e tutti indossano i panni dei ripulitori, come se questo bastasse di per sé a riconquistare la fiducia e il consenso dell’elettorato. Tutti guardano alla magistratura, come ad un’ancora di salvezza. Si chiede ad altri di fare ciò che si è incapaci di garantire e soprattutto ci si illude che questo basti.
Vi è ben altro che manca e che oggi viene oscurato sotto il peso della corruzione, cosicchè chi propone come progetto politico quello di "fare pulizia" o di creare un partito degli onesti, si illude di aver già tutti dalla sua. Così non va, occorre ben altro per ridare fiato a questo Paese. Il popolo si affida alla politica per la sua capacità di costruzione di un bene comune, per la sua capacità di condividere i bisogni, di intercettare le ansie e le speranze di un Paese.
La politica, messa in un angolo dai professori, ha perso il suo ruolo di leadership e la strada per riconquistarla sarà lunga e complicata. Non basteranno le scope. Al posto dei ripulitori ci vogliono politici illuminati. Questo vale per la Lega e vale per tutti i partiti. Una volta fatta pulizia, c’è tutto il resto da ricostruire. Ed è questo, forse, il compito più arduo. Non potranno farlo i magistrati, toccherà ai politici, solo a loro.