La spiegazione del paradosso è legata alla modalità di calcolo di questi lavoratori. Il governo fa riferimento ai 65 mila lavoratori interessati dalle intese, relative agli esuberi di personale, sottoscritte dalle imprese e dai sindacati in data precedente alla riforma delle pensioni. Le organizzazioni sindacali fanno riferimento a tutti i lavoratori anziani, attualmente percettori di sostegno al reddito, che non sono in grado di rientrare al lavoro, stimati intorno alle 300 mila unità.
Purtroppo il problema non è risolvibile facendo la semplice fotografia dell'esistente, o modificando i criteri per l'individuazione dei beneficiari del trattamento pensionistico anticipato. Le riforme delle pensioni e del mercato del lavoro introducono innovazioni, a mio avviso ineccepibili: l'allungamento dell'età pensionistica e il trattamento universale dei sostegni al reddito per la disoccupazione.
Queste novità mettono fine a condizioni di relativo privilegio per le corti dei lavoratori anziani, in particolare i dipendenti delle medio-grandi imprese, e sull'uso delle pensioni come ammortizzatore sociale. Ma lasciano scoperti i problemi di adeguamento del sistema delle prestazioni sociali con la finalità di tutelare i rischi specifici dei lavoratori anziani riguardo la perdita del lavoro.
È necessario un intervento, soprattutto per rimediare all'imbarazzante situazione dei lavoratori che hanno aderito alle procedure di licenziamento convinti di poter andare in pensione nel breve periodo.
Ma non basta. Per fare un esempio calzante, la Germania assicura a tutti gli over 55 disoccupati, premesso l'obbligo di accettare nuove offerte di lavoro, la possibilità di rientrare nei sostegni al reddito senza limiti temporali e di vedere ricostruite le eventuali differenze salariali e contributive rispetto al lavoro precedente attraverso un concorso di risorse pubbliche.
Nei prossimi anni questo tema riguarderà milioni di persone, con diversi gradi di scolarità, di usura lavorativa, di capacità di adattamento. Una questione che evidentemente non può essere affrontato in modo teorico: si allunga l'età media, si lavora di più. Richiede la messa in campo di una gamma di strumenti in grado di personalizzare gli interventi con l'obiettivo di favorire il proseguo dell'attività dei lavoratori anziani.
Tra questi la possibilità di combinare un lavoro ad orario ridotto con una quota di pensione, quella di impiegare gli anziani, già pensionati o in sostegno al reddito, nei servizi civili, percorsi di formazione mirati alla terza età accompagnando, in modo mirato, la riforma delle pensioni con quelle del Welfare.
Purtroppo, e non solo in campo lavorativo e pensionistico, la nostra comunità nazionale fatica a fare i conti con le implicazioni dell'invecchiamento della popolazione. Se non lo farà, anche rapidamente, dimentichiamoci la crescita economica, l'aumento della produttività, e la sostenibilità delle nostre prestazioni sociali.
Natale Forlani
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