Se è vero quanto emerso dalle indagini della magistratura sul Carroccio, infatti, il padrone era Roberto Calderoli, ma la casa era la nostra. L'affitto della magione romana che ospita l'ex ministro sarebbe stato pagato con i fondi del partito. Quei rimborsi elettorali frutto delle nostre tasse che sono talmente abbondanti che permettono alle forze politiche di acquistare confortevoli beni rifugio come diamanti e lingotti d'oro (nel caso della Lega) o ai loro tesorieri di garantirsi una vita da pascià (vedi alla voce Lusi-Margherita).
Poiché, anche al netto delle spesucce del Trota Renzo Bossi e dei contributi alla scuola Bosina di mammà Manuela, avanzava ancora qualcosa nelle casse di via Bellerio, si è pensato bene di pagare l'affitto a Calderoli. Una somma non proprio da equo canone: 2.200 euro al mese per un appartamento ufficio nella zona del Gianicolo.
Perlomeno non si può dire che, come nel caso di un altro ex ministro sgravato dalle spese di alloggio, Claudio Scajola, la cosa avvenisse a insaputa di Calderoli. È lo stato lo stesso storico dirigente bergamasco del Carroccio, infatti, a confermare di avere in «dotazione» dal partito la residenza romana, senza mancare di far notare come lui, a fronte dei 2.200 euro dell'affitto pagati dalla Lega, ne versa in via Bellerio 3.000 del suo stipendio.
Facile obiettare che tutti i 5.200 sono comunque quattrini prelevati dal contribuente tartassato dal governo Monti così come dal precedente di cui la Lega faceva parte, regalandosi anche, tanto per restare in tema di immobili, i grotteschi ministeri decentrati a Monza.
Si può perciò immaginare quale possa essere la reazione del suddetto contribuente in spasmodica (si fa per dire) attesa dell'Imu sulla casa comprata strappando le rate del mutuo da un modesto stipendio, nel momento in cui apprende di essere tra i generosi benefattori di Calderoli.
D'altra parte, come piccola attenuante per il papà dell'attuale legge elettorale, da lui stesso definita una «porcata», non si può negare che tra i nostri sempre più presunti rappresentanti del popolo, il vizietto di farsi pagare la casa sia piuttosto diffuso. Da Scajola a Tremonti, passando per Fini via Montecarlo non se ne trova uno che abbia cacciato un euro per avere un tetto sulla testa.
Ma più di quanto sia emerso e possa ancora emergere dalle inchieste, magari un po' ad orologeria, che riguardano la nomenclatura lumbard, la scoperta per cui uno come Calderoli, emblema della Lega dura, pura e tetragona che si fa pagare il pied a terre nella capitale con i soldi pubblici, significa la definitiva "romanizzazione" della Lega. Ormai anche l'idea rivoluzionaria di Bossi è diventata un partito come gli altri, con tutti i vizi e i vizietti di chi non riesce a dire no alla fatale seduzione del potere.
Francesco Angelini
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