Non commento le dichiarazioni di una signora». Anche se la signora che adesso sputa veleno è una vecchia amica, sorella di cento militanze, la moglie del "migliore amico" Antonio Simone, finito in galera nel giorno del suo cinquantottesimo compleanno.
Quando finisce così, a schiaffi e stracci che volano, mentre fioccano le notizie (per ora non sono notizie di reato) su vacanze e barche e conti correnti e fondazioni, c’è sempre qualcosa di triste: perché la fine di una storia si porta sempre qualcosa di malinconico, di cupo di non detto, come un conto da regolare. Nel lungo assedio politico (con armi giudiziarie) che ormai da mesi stringe il governatore della Regione Lombardia Roberto Formigoni, c’è qualcosa se possibile di più amaro. Perché la storia politica di Formigoni e del suo "sistema Lombardia" non è un romanzo criminale, non è una patetica faida di feste, soldi, famiglie e tradimenti come quelle cui, con un certo cinismo, ci ha abituati la cronaca italiana.
La storia politica di Formigoni e del suo governo di centrodestra è la storia di un sistema amministrativo che funziona, di una sanità che altre Regioni si sognano, di bilanci tenuti in ordine. E allo stesso tempo, per Formigoni e per molti dei suoi amici-collaboratori, alcuni dei quali finiti ora in pesanti inchieste giudiziarie, è una storia strettamente intrecciata alla vita, all’operosità e alla passione politica di Comunione e liberazione. Per il cui fondatore è iniziata la causa di beatificazione, uno dei cui figli è ora cardinale arcivescovo di Milano.
Così adesso gli amici hanno buoni motivi per essere sgomenti, amareggiati, e i nemici hanno facili motivi per andare all’attacco. Formigoni, per ora, si difende con puntiglio. Ha le sue ragioni: nessun giudice ha finora chiamato in causa né lui, né i suoi uomini, né la sua amministrazione. Dovrà continuare a dimostrarlo, anche se i margini di manovra sembrano farsi sempre più stretti. Ma trasformare tutto in una storia di malaffare è sbagliato. Il problema vero di Formigoni, della sua Giunta e della sua maggioranza è da tempo un problema politico, non giudiziario.
Con l’eclissi di Berlusconi, il blocco del Nord che ha governato la Regione per quasi vent’anni - e governa il Veneto, il Piemonte - è esposto alla sfiducia dei cittadini. La Lega sta implodendo per problemi politici molto più gravi dei diamanti e dei soldi in Tanzania. Il Pdl difficilmente avrà un futuro, così come è.
Ora che il consenso e la forza politica si ritirano, vent’anni di potere continuativo e consolidato, di controllo totale su tutto l’apparato pubblico, stanno lasciando sul terreno un po’ di melma, come un’onda di piena che si ritira. Ed è evidente che per il Governatore difendersi soltanto ripetendo "io non c’entro niente", come fosse da vent’anni un passante casuale sotto al Pirellone, e non un leader politico di prim’ordine e con ambizioni nazionali, non può essere la carta vincente per Roberto Formigoni. E nemmeno un buon viatico per il futuro.
Maurizio Crippa