Messi alle corde dall'odiatissimo patto di stabilità, che impedisce di investire soldi realmente esistenti, costretti a raschiare il barile per le elementari esigenze dei loro comuni, si rifiutano coralmente di trasformarsi in tanti sceriffi di Nottingham. Sembra quasi che questo governo abbia deciso di trasformarli in spietati esattori e questo ai nostri sindaci non va proprio. Nella nostra Italia, in cui la moltiplicazione dei partiti è un miracolo che non si arresta mai; in cui le compagini politiche si dividono, si accorpano, si trasformano in un incessante turbinio di alleanze e divisioni, da qualche tempo il partito più unito e coeso è proprio quello dei sindaci: assolutamente compatti nel rifiutare il ruolo di antipatici funzionari dediti allo svuotamento delle tasche dei loro concittadini.
Siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Abbiamo cercato di digerire la richiesta di sacrifici per tutti o quasi, ci siamo illusi che una sana economia potesse fermarci sul baratro del fallimento, ma stiamo cominciando a capire che il tartassamento chirurgico in atto continua a cadere sulle teste dei soliti, ovvero le cosiddette fasce deboli.
Anche la casa di proprietà, ormai, sembra essere più una maledizione che un investimento per il futuro ed in questo contesto gli esattori implacabili dovrebbero essere soprattutto i sindaci. Loro si rifiutano ovviamente, ma la corda rischia di tendersi oltre il dovuto. Laddove ci sono gli sceriffi di Nottingham prima o poi sbuca un Robin Hood e c'è da sperare che anche il prode arciere dei nostri giorni rubi solo ai ricchi, altrimenti saremmo spacciati.
Continuare a ipotizzare tasse, pur travestite da sigle apparentemente innocue (Imu, Iperf, ecc.), non fa bene né al morale, né alle casse esangui di tante famiglie che non hanno più alleati nemmeno i supermercati, visto l'aumento generalizzato di ogni genere alimentare.
Ed allora viva i sindaci che si ribellano di fronte alla prospettiva di interpretare un ruolo che non è il loro. Di questo passo, infatti, un Renzo Tramaglino qualunque non avrebbe bisogno di andare a Milano per assistere all'assalto dei forni.
Viviamo tempi difficili e paradossali. Molti sono costretti a fare salti mortali per far quadrare il bilancio familiare mentre devono leggere le spese folli di alcuni politici. Tanti devono decidere se pagare l'Imu in due o tre rate, non pochi stanno capendo che probabilmente le vacanze sono ormai una chimera per pochi e nel frattempo scoprono che certa politica investiva in diamanti o in operazioni speculative in qualche paese africano.
E c'è di più. Quella stessa politica ci sta chiedendo ogni giorno un sacrificio in più e non è il massimo della coerenza. In questo contesto il politico il più esposto è proprio il sindaco. E' lui che ogni giorno deve portare la sua faccia tra la gente; è lui che mentre beve un caffè al bar rischia quotidianamente di sentirsi apostrofare in modo poco urbano da qualcuno che ha legittimamente un diavolo per capello.
Per questo, in una situazione da crollo degli dei, l'unico partito in cui forse possiamo porre qualche speranza è proprio quello dei primi cittadini.
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