Angela Merkel, al di là del fatto che si era spesa in prima persona per sostenere Sarkò, suo fedele alleato nella linea dell'austerità rigida imposta a Eurolandia, da una vittoria di Hollande ha tutto da perdere. In primo luogo, proprio nella conferma della linea scelta verso gli altri Paesi a cominciare da Spagna, Portogallo e soprattutto Italia. Ma dall'affermazione del socialista la Cancelliera ha da temere anche l'effetto-contagio politico di un possibile cambio all'Eliseo.
Tuttavia, che Hollande vinca al secondo turno è tutto da dimostrare: mentre si pensava che sarebbe stata la sinistra radicale a condizionarlo, ora paradossalmente anche lui dovrà confrontarsi invece con la destra xenofoba e populista che, di ordine e uscita dalla crisi con ricette facili quanto impraticabili, ha fatto le sue parole d'ordine. E su queste ha raccolto i voti, tanti. Troppi.
C'è paura in Francia, stanchezza, il timore della crisi che ha affondato la Grecia e mettendo all'angolo Spagna, Portogallo, Irlanda e perfino l'Italia possa allargarsi fino alla Torre Eiffel. Questo mix di sentimenti, alimentati dal disagio, dalle nuove povertà, dalle emarginazioni, dal crollo della classe media, alla fine ha portato un francese su tre a dare la sua preferenza alle ali estreme, quando invece alla vigilia si pensava che molti si sarebbero rifugiati nell'astensionismo.
Con queste tendenze anti-sistema i due candidati che vanno al secondo turno dovranno fare i conti, con il rischio che entrambi siano pronti a promesse impossibili pur di recuperare questi voti. Anche perché il misero risultato del centrista di Bayrou non assicura a nessuno due sfidanti finali la sicurezza della vittoria.
Con il malessere dei cittadini dovranno fare i conti, ma senza perdere d'occhio quei mercati che oggi come non mai, sembrano capaci di alterare lo stesso voto popolare. Gli esperti sono divisi: alcuni temono che l'impegno di Hollande di rivedere il Fiscal Compact, di attuare politiche di maggiore tassazione verso gli strati più ricchi e di accentuare la stretta sulle banche, finirà per indurre gli speculatori a premere sull'acceleratore, portando lo spread ai livelli italiani costringendo quindi a misure d'austerità. Altri economisti però, invece, preferiscono puntare sulla volontà di crescita espressa dal socialista, per rilanciare i consumi e la produzione anche se a scapito del debito pubblico e delle misure di austerità.
In ogni caso dopo il 6 maggio l'Europa non sarà più la stessa e la leadership tedesca meno forte, con tutto quanto ne consegue. Ma non tutto viene per nuocere: dalla Francia arriva comunque l'indicazione che a contare dovranno essere i veri problemi della gente e non solo gli spread.
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