Perché se la fiducia degli italiani in Monti si sta incrinando (lo segnalano i sondaggi), quella nei confronti dei partiti tradizionali è l'immagine di una vetrata in frantumi. Proprio su questo conta un premier innervosito dall'afasia riformista di una compagine che appare solo capace di sfornar tasse come michette e dai mercati sempre meno convinti sulle possibilità dell'Italia di uscire da un tunnel ben più lungo di quello immaginata da Mariastella Gelmini per collegare Ginevra al Gran Sasso.
E allora? In questo momento di estrema incertezza, Monti e C. possono contare su pochi amici, alcuni per nulla fidati. Quello più sincero è certo Giorgio Napolitano che dal Quirinale veglia sulla pattuglia tecnica come una madre apprensiva. L'altro è un amico del giaguaro, Silvio Berlusconi. Il Cavaliere intercettato ha ribadito al capo dello Stato che sosterrà l'esecutivo in cambio di qualche concessione. Ma è chiaro che se potesse lo farebbe rotolare subito questo governaccio delle tasse e delle frequenze tv non più beauty (free) ma a pagamento.
Però vorrebbe dire andare al voto e favorire una quasi certa vittoria delle temute sinistre. Perché il PdL è ha tocchi, quasi non ha più neppure un nome più o meno onorato da portarsi in giro ed è difficile nel giro di un'estate rifondare tutto e sancire un accordo con Pierfurby Casini che nel piattone del voto moderato vuole mangiare il più possibile da solo.
Con questa legge elettorale di ispirazione feudale che premia i forti, chi non lo è più come il partito malaticcio del Cav e di Alfano finisce all'angolo.
Nell'altro angolo del ring, il Pd di Bersani, anch'esso ammaccato e assediato dal Grillo insultante, un'idea al voto in ottobre potrebbe pure farsela. Il leader del partitone biancorossoarancione, peraltro, dovrebbe ricoprire di orchidee lady Camusso che, alla fine, sull'articolo 18 ha messo in riga tutti, Monti compreso, salvando il consenso del Pd da una draculiana emorragia. Che la riforma del lavoro sia destinata a diventare un belletto come quella sulle liberalizzazioni è un altro discorso. E i diktat del Pdl in Parlamento altro non sono che il timore di una legge che oltre a tutelare l'occupazione, salvi anche i voti del Pd.
Ma anche le elezioni vinte, per il centrosinistra, sarebbero un bagno di potere in un recinto di gatte da pelare. Data la tradizionale coesione dei vari Ulivi, Unioni e via battibeccando ci sarebbe da dubitare sulla reale capacità di mantenere la rotta del Paese sui binari della crescita.
Detto questo resta solo da capire se Monti e compagnia tecnica preferiscano tirare a campare o tirare le cuoia. Sarà un'estate di bollori per la politica.
Francesco Angelini
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