La pressione fiscale è asfissiante. L’evasione di molti la rende insopportabile. Eppure tanti trovano mille giustificazioni per motivare atteggiamenti illegali: ma non c’è nulla (classe politica corrotta, Stato inefficiente) che giustifichi atteggiamenti che scaricano su altri colpe proprie.
Partiamo dai dati. Secondo il quadro macro fornito dal governo il 19 aprile, la pressione fiscale è quest’anno al 45,1% del Pil e raggiungerà il prossimo un picco del 45,3%. Percentuali incredibili, ma ancora più alte se si considera che nel calcolare il Pil l’Istat valuta anche poco meno di un 20% circa di sommerso, cioè di prodotto sul quale l’evasione è totale. Quel 45% arriva dunque fino al 55% per chi è in regola mentre è 0 per chi ruba agli altri cittadini (perché di questo si tratta quando si parla di evasione). Eppure c’è chi, come il leader leghista Roberto Maroni, ha indetto per domani una manifestazione per l’obiezione fiscale.
L’insofferenza da parte delle famiglie per un’oppressione fiscale ancor più soffocante in momenti di grave crisi è giustificabile. Ma se siamo a questi livelli lo dobbiamo anche a chi ruba e a quella categoria di furti fatti evadendo il fisco.
La Guardia di Finanza ha appena fornito i dati dei primi quattro mesi dell’anno. «Nessuna categoria è potenzialmente da escludere» ha tenuto a precisare, quindi non è proprio il caso di generalizzare liste di buoni o di cattivi. Ma vi sono alcune categorie che "brillano" per ritrovarsi sempre, ostinatamente, in prima fila: il commercio rappresenta quasi il 25% del totale degli evasori pizzicati nei primi quattro mesi dell’anno; il settore edile segue a ruota con il 22%; poi le attività manifatturiere (piccola industria e artigianato) con l’11%, le attività professionali, scientifiche e tecniche al 5,7% e le attività di alloggio e ristorazione con il 5,5%.
Inutile chiosare che i buoni sono onesti, a volte, solo perché non lasciati liberi di scegliere visto che il lavoro dipendente è tassato inesorabilmente alla fonte. Non si può però non rilevare che l’Istat valuta il Pil sommerso in circa 270 miliardi, quindi meno del 20% del totale e che si tratta di una valutazione che appare largamente fatta per difetto. Prendendola però per buona, si tratta di 120 miliardi che vengono meno al bilancio dello Stato e che significherebbero meno tasse per tutti.
Non è quindi l’obiezione fiscale che ci salva da uno Stato che pretende troppo da noi, più di quanto ci sentiamo in dovere di dare. Su questo, due ultime considerazioni non certo irrilevanti. La prima è che la situazione attuale è aggravata dalla crisi che non solo grava sulle nostre finanze private ma ci obbliga anche a interventi supplettivi per risanare quelle pubbliche. La seconda è che nessuna magia ci salverà o ci porterà nel paese di Bengodi. Diffidiamo di chi ci promette scorciatoie, se non conosciamo bene la strada.
Lorenzo Pironi