Incapace di uscire dalle sabbie mobili in cui s'è infilato a furia di inseguire esclusivamente numeri, cifre, dati, spread, liquidità. Ne sono la dimostrazione le critiche che, come un temporale estivo, piovono di ora in ora sempre più violente e scroscianti sul governo Monti, per le tante tasse e i pochi investimenti. Così come lo sono i troppi sprechi di cui anche Como è costretta a pagare dazio.
Da sempre questo giornale denuncia le magie contabili praticate con il denaro dei comaschi. L'ultima inchiesta giornalistica in ordine di tempo riguarda gli affitti che, ogni anno, istituti ed enti pubblici sono costretti a pagare per dare una casa ai propri uffici. Un vorticoso giro di milioni di euro che dimostra, più e meglio di mille parole, la miopia che ha colpito il Paese. O, meglio, chi dell'Italia ha tenuto le redini.
Sul quotidiano di ieri abbiamo narrato la vicenda delle sedi comasche dell'Inps, dell'Ufficio del registro, della Dogana e della Motorizzazione. Ogni anno questi enti pagano, per l'affitto, due milioni di euro. E pensare che gli immobili dove ora sono ospiti erano loro, fino a otto anni or sono.
Nel 2004 l'allora ministro Giulio Tremonti, alla disperata ricerca di denaro da travasare nelle desolate casse dello Stato, aveva deciso che il modo più veloce per ottenerlo fosse vendere una parte del patrimonio immobiliare dello Stato. Ma anziché prevedere un censimento oculato sugli edifici da cedere, andando a pescare magari quelli vuoti e inutilizzati, ha optato per palazzi occupati.
Una scelta non casuale. Questo tesoretto, infatti, è finito in un fondo privato - gestito dalla Banca Finnat Euramerica - i cui dividendi sono garantiti proprio dai contratti di locazione. Gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sugli edifici stessi, tra l'altro, sono «integralmente a carico» degli enti pubblici ospitati, che in affitto ci devono restare per contratto 18 anni, ovvero fino al 2022.
E così mentre i sottoscrittori del fondo incassano i dividendi, molti enti pubblici si sono trovati a dover pagare un affitto salato. Il risultato appare tanto paradossale quanto sintomatico della miopia all'italiana, perché tra qualche anno non solo quel denaro incassato otto anni fa sarà stato quasi interamente speso - proprio per pagare gli affitti - ma il Demanio per far cassa non avrà più nemmeno gli edifici da vendere.
A pagina 23, oggi, Maria Castelli dà conto di un'altra storia di sprechi e miopie. Quella dell'Agenzia delle Entrate e del palazzo dell'Intendenza di finanza svenduto in pieno centro città.
Per uscire da una crisi economica che scelte azzardate, sprechi, regalie e un livello di corruzione tra i più alti del mondo hanno contribuito a rendere ancor più pesante, i governi che si sono succeduti negli anni o hanno imboccato scorciatoie o hanno proceduto a tassare e tagliare. Sacrificando il buon senso e, soprattutto, perdendo di vista le vere vittime della crisi: i cittadini. Come ha scritto nel suo editoriale su La Stampa l'ottimo Massimo Gramellini, è in atto un emergenza nazionale. Per uscire dalla quale sarebbe ora di piantarla di seguire esclusivamente numeri e cifre e fare cassa scegliendo soluzioni rapide senza valutare i costi nel lungo periodo. Servono nuovi occhiali che consentano alla politica di concentrarsi finalmente sulle persone. E occorgersi che, all'orizzonte, c'è sempre un futuro a cui dover rendere conto.
Paolo Moretti
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