Ci risiamo. Nel nostro paese, ogni volta che circolano poche idee, c'è sempre qualcuno che tira in ballo la "crisi della politica".
In realtà, in Italia, la politica è sempre stata in crisi. Per una ragione semplicissima, quella che Longanesi sintetizzava con una battuta da par suo: sulla bandiera italiana dovrebbe esserci scritto "tengo famiglia". Siamo un popolo matto. Ci gloriamo di essere socievoli e arguti ma siamo incapaci di vivere perfino in condominio: figurarsi la "polis".
Qualcuno ha avuto perfino la curiosità di studiarci. Ad esempio, Joseph La Palombara sostiene che il sistema italiano abbia del miracoloso perché, malgrado le ricorrenti crisi di governo, l'economia misteriosamente è sempre andata avanti. In fondo, è proprio questo che vogliamo dai nostri politici, cioè, che ci lascino fare.
Non è vero che abbiamo scarso spirito comunitario o poco senso dello Stato: semplicemente non li abbiamo mai avuti. Siamo malati di "familismo amorale", come disse negli anni '50 Banfield, il quale, senza tante cerimonie, sentenziò che per l'italiano la famiglia resta la massima espressione di statualità. Oggi non siamo cambiati molto. Negli ultimi anni la nostra ostilità verso lo Stato è perfino aumentata. La Germania ci ha detto che se crediamo nell'Europa dobbiamo rassegnarci a rispettare le regole. Pensavamo fosse uno scherzo, una "boutade", invece stavolta si fa sul serio.
Nasce da questa renitenza la crescente fobia per l'Europa: siamo sempre rimasti un popolo recalcitrante alle regole. Tra i banchi di scuola germoglia la cultura clanica di un popolo allergico alle istituzioni: si inganna il professore da giovani per poi gabbare lo Stato da grandi. Non abbiamo mai letto né la Costituzione né le Sacre Scritture ma non esitiamo a proclamarci democratici e credenti.
Siamo tutti convinti che la "società civile" sia migliore dei politici ma si dimentica che sono i governati a partorire i governanti, non viceversa. La crisi della politica è solo un' invenzione per giustificare la pretesa della classe politica di essere "legibus solutus". I nostri politici amano conservare le proprie prebende senza dover rispondere al cittadino che viene perfino bollato di qualunquismo se osa chiedere il perché. Siamo e resteremo un popolo pieno di contraddizioni, come dimostra l'odierna campagna elettorale. Più aumenta il disgusto per la politica e più si assiste al curioso pullulare di liste e candidati: difficile credere sia solo passione.
Perfino Churchill se la rideva nel pensare agli italiani. Si dice che quando si recò a Coventry, appena rasa al suolo dai tedeschi, vide in un angolo un negozio aperto con la scritta "business as usual", cioè, "si lavora come sempre". Churchill impettì d'orgoglio e, rivolgendosi ai presenti, esclamò: "Vedete, questo è un mirabile esempio della grandezza del nostro popolo". Si avvicinò, entrò e scoprì che invece si trattava di un barbiere napoletano! Ecco, noi siamo fatti così. Siamo un popolo matto e imprevedibile. Il vero problema non sta nella crisi della politica ma nel fatto che ci piacciamo.
Antonio Dostuni
© RIPRODUZIONE RISERVATA