La prima è riferita alla concreta possibilità di diventare sindaco di Disastropoli, viste le macerie (e non solo in senso figurato) lasciate a Como dal management uscente di palazzo Cernezzi. Se infatti è vero che l'eredità politica di Bruni ha contribuito ad affondare il centrodestra (ma l'ormai ex sindaco non è l'unico responsabile della disfatta: troppo comodo), quella amministrativa rischia di mandare a picco anche l'affollata brigata di Lucini. La seconda incognita è che il candidato che ha vinto il primo turno si trova nella peggior condizione per un esponente dell'italico centrosinistra arruffone e naif anche a Como: può solo vincere. E perciò anche perdere che, in questo caso, è quasi la stessa cosa.
Due buone ragioni per fare le mosse giuste in questi giorni di preparazione al ballottaggio ma anche al governo della città. Lucini guida una coalizione che è la foto di Vasto adattata alla realtà comasca. Sono in tanti e, più o meno legittimamente, affamati di posti per il governo e il sottogoverno di Como. Proprio in questi momenti, di solito, all'uscio del centrosinistra si presenta Tafazzi, il personaggio inventato da Giacomo, del trio con Aldo e Giovanni che si percuote gli attributi con una bottiglia, assurto a simbolo dell'autolesionismo.
Per neutralizzare il tafazzismo e riuscire ad andare oltre il galleggiamento (una sciagura date le sfide che dovrà affrontare), sarà indispensabile per il papabile prima cittadino fare le scelte giuste, soprattutto per la squadra che dovrà affiancarlo.
Oltre ai consensi dovranno contare le qualità personali. Sbagliare anche solo un assessore, anche in maniera consapevole, per accontentare i desiderata dei singoli e dei partiti, diventerebbe un boomerang. E sarebbe opportuno anche non dimostrarsi sordi di fronte alla città. Inutile girarci intorno più di tanto. Il primo nodo per Lucini e il centrosinistra riguarda il caso Marzorati. La pediatra candidata nella lista civica "Per Como", con Mario Molteni ha attenuto un risultato clamoroso in termini di consenso personale. Non si ricorda infatti, nella storia amministrativa di Como, un candidato che conquisti il primato di preferenze personali senza essere inserito in una delle liste più votate.
Proprio questo dato fa capire che la città vuole Roberta Marzorati a palazzo Cernezzi. Poiché l'apparentamento tra Lucini e la lista "Per Como" non si farà, la soluzione sui cui si ragiona nel centrosinistra è quella di nominare Roberta Marzorati assessore esterno.
Decida Lucini e, se crede, utilizzi le prerogative esclusive del sindaco sulla nomina della squadra.
L'unico consiglio, peraltro non richiesto, che si può dare al probabile futuro primo cittadino di Como è quello di ascoltare tutti ma non Tafazzi. Altri suoi predecessori, da queste parti ma non solo, sono caduti nell'errore di farsi circuire dal diabolico omino in sospensorio, e l'hanno pagata a caro prezzo. La sfida che propone la città è troppo ardua per poter indulgere alle pretese delle conventicole politiche o para politiche o assecondare frustrazioni e smania di poltrone camuffata da grandi enunciazioni ideali.
Francesco Angelini
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