La domanda è la solita ma è anche d'obbligo di fronte alla cronaca di un delitto per il quale in queste ore è stato arrestato un comasco. Cosa sta succedendo? Ed è una domanda ancora più inquietante se pensiamo che i protagonisti sono incensurati e dunque non sono classificabili come degli incalliti giustizieri. Eppure queste persone apparentemente brave e buone vanno a "far fuori" le loro privatissime e futili vertenze con una pistola e già questo è tutto tranne che normale.
Sembra quasi che la vita del prossimo sia diventata un optional, un puro e secondario accidente. Forse che anche da noi si stia subendo l'allargamento spropositato delle incontrollate periferie milanesi? Forse che certe contraddizioni e violenze tipiche proprio di quelle che i francesi chiamano banlieues, stiano mettendo radici qui?
Le risposte assolute dopo questi fatti agghiaccianti rischiano di essere approssimative o superficiali, ma certo qualche meccanismo, nella macchina sociale del nostro territorio, sta mostrando l'usura di tempi troppo complicati. Quello che impressiona, poi, nell'omicidio per il quale è stato arrestato un informatico di Lurago d'Erba, è la sua futilità. Vengono in mente a questo proposito le parole di un grande cronista di nera come Dino Buzzati, quando parlava della banalità della morte, di quella "ombra nera e gelida" che si nascondeva dietro gli angoli. A proposito di un omicidio "senza passione" come lui stesso lo definì, scrisse un commento che sembra perfetto per questa nostra triste vicenda: «Non è un delitto da banditi o da gangsters, da Fantomas o da Diabolik, è un fattaccio sudicio e balordo da sottoscala, fermentato dalla svogliata putrefazione delle anime».
Con questo non si vogliono certo giustificare i criminali di professione, ma di fronte a questo delitto saltano tutte le categorie del vivere comune. Vien proprio da chiedersi cosa sia successo alle nostre anime di persone perbene se basta uno screzio qualunque per uccidere. In questa nostra terra in cui ci si è sempre guadagnata l'esistenza sudando quotidianamente, le coltellate e le sparatorie erano qualcosa di anomalo e lontano. Appartenevano alle metropoli o, quando accadevano tra le nostre case, erano ascrivibili a quei "balordi" spesso troppo ubriachi per capire quello che facevano.
I fatti di sangue, pur rari, sono accaduti, ma avevano sempre un "motivo", per quanto esecrabile. Sapere oggi che si può uccidere per niente o per poco ci lascia senza parole, ci spiazza. E' terribile pensare che anche la normalità possa nascondere dei potenziali killer.
Di fronte alle notizie ancora incomplete che filtrano faticosamente attraverso il riserbo degli inquirenti, vien da chiedersi cosa abbia armato la mano dell'omicida. Odiava talmente la vittima da volerne la morte? Speriamo che le cose stiano così, che sia stato un "motivo" - per quanto barbaro e turpe - a far partire il colpo omicida. Perché se non fosse così, se si trattasse veramente di un omicidio insulso e banale, allora saremmo con le spalle al muro, perché non c'è ragione che tenga contro l'indifferenza per la vita altrui.
Gianfranco Colombo
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